di Antonella Celano
I progressi diagnostico-terapeutici in campo reumatologico sono stati davvero importanti negli ultimi anni e questo non può che aprire il cuore alla speranza. Ma poi, capita di leggere dei fatti di cronaca o di vivere esperienze personali che ci riportano indietro a tempi che non vorremmo più incontrare. Mi riferisco alla terribile storia del tredicenne leccese, affetto da distrofia muscolare e deceduto a seguito della caduta dalla sedia a rotelle, riportata uscendo da scuola. Una tragedia che richiama prepotentemente l’attenzione sull’abbattimento delle barriere architettoniche, un asset vitale per chi convive con la disabilità, non meno importante dell’avanzamento delle cure in termini di qualità di vita e di dignità, ma che riemerge come uno schiaffo in faccia ad ogni piè sospinto. E parlo anche per esperienza personale, con conseguenze certo non così tragiche come quelle del fatto appena ricordato, ma terribilmente frustranti e umilianti. Mi è capitato diverse volte negli ultimi tempi di dover rinunciare ad eventi ludici o alla partecipazione ad un incontro di lavoro, perché mancavano le condizioni di accessibilità alla sala convegni. Così, un ascensore fuori servizio mi ha impedito di portare il punto di vista di APMARR ad un incontro istituzionale – l’alternativa sarebbe stata salire a piedi due rampe di scale. Mentre è di appena qualche giorno fa l’ultima débacle, riguardante un evento culturale. Mi riferisco alle Giornate Nazionali del FAI; in questo caso, la presenza di alcuni gradini mi ha impedito di visitare il monumento che avevo scelto. Ma questo non è giusto, tutti devono essere messi nelle condizioni di poter prendere parte ad eventi di lavoro, come ad iniziative ludico-culturali. Ecco perché faccio dalle pagine di Morfologie un accorato appello affinché le barriere architettoniche, che spesso sono anche di tipo ‘mentale’, scompaiano finalmente e ovunque nel nostro Paese. E state certi, torneremo molto presto con degli approfondimenti su questo argomento. È una lotta di civiltà, che APMARR intende portare avanti, facendo sentire forte la voce dei pazienti.