Morfologie n°45 – COMPLIANCE ADERENZA TERAPEUTICA E INTELLIGENZA EMOTIVA

La situazione relativa alla gestione della terapia farmacologica trova uno dei maggiori ostacoli nella scarsa aderenza del paziente al trattamento prescritto dal medico. Per superare queste difficoltà sono necessari nuovi approcci, che integrino i progressi scientifici e tecnologici con nuovi modelli operativi e collaborativi tra le parti interessate, cioè medico, infermiere e paziente. L’intelligenza emotiva del curante è uno di questi.

Rosario Gagliardi*

 

L’aderenza alla terapia viene descritta dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) come ‘il conformarsi del paziente alle raccomandazioni del medico riguardo ai tempi, alle dosi e alla frequenza nell’assunzione del farmaco per l’intero ciclo di terapia. Comprende anche l’adesione alle indicazioni relative all’alimentazione e ad un sano stile di vita’.

In Europa si registrano circa 200.000 morti ogni anno per cause riconducibili alla scarsa aderenza alle terapie. Inoltre, la ricaduta in termini di costi, sempre per cause riconducibili alla scarsa aderenza alle terapie, è di circa 125 miliardi di euro. (*)

Quasi il 40% degli uomini e donne colpiti da malattie reumatologiche non rispetta le indicazioni dello specialista. La scarsa o non corretta aderenza terapeutica è un problema complesso che riguarda molte malattie croniche – (Società Italiana di Reumatologia).

Per superare queste difficoltà sono necessari nuovi approcci, che integrino i progressi scientifici e tecnologici con nuovi modelli operativi e collaborativi tra le parti interessate, tra medico, infermiere e paziente. Alcuni modelli di questo tipo possono essere identificati attraverso l’utilizzo di strumenti terapeutici non farmacologici. Recenti studi dimostrano che un approccio relazionale basato, per esempio, sull’utilizzo appropriato di “intelligenza emotiva” da parte del curante, aumenta le possibilità di migliorare l’aderenza del paziente alla terapia.

L’intelligenza emotiva viene definita come quell’abilità di riconoscimento e comprensione delle emozioni sia in se stessi che negli altri e di utilizzo di tale consapevolezza nella gestione e nel miglioramento del proprio comportamento e delle relazioni con gli altri.

Salovey & Mayer affermano che “l’intelligenza emotiva coinvolge l’abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione, l’abilità di accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri, l’abilità di capire l’emozione e la conoscenza emotiva, l’abilità di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva ed intellettuale”. In tal senso, l’intelligenza emotiva si compone di una parte di valutazione ed espressione delle emozioni, una parte di regolazione ed una parte di vero e proprio utilizzo delle stesse.

Questo aspetto dell’intelligenza ricopre così un ruolo preponderante nel determinare, ad esempio, come un medico starà al capezzale di un suo paziente. Di fronte ad un medico emotivamente disponibile e capace, il paziente si sentirà più fiducioso nei suoi confronti, migliorando così in generale la relazione medico-paziente e anche il grado di aderenza al trattamento somministrato. Sembra, inoltre, che l’intelligenza emotiva sia in grado di influire anche sulle capacità del medico di far fronte allo stress e di mettere in atto abilità inerenti la resilienza, rendendolo così meno propenso ad esperienze negative quali il burnout, o la sindrome da stress (Weng, 2008). Attualmente, presso il Centro Medico dell’Università di Loyola, sono in corso una serie di studi che hanno lo scopo di capire come sfruttare le abilità di intelligenza emotiva dei medici per poter migliorare in parallelo sia il loro livello di benessere personale sia le modalità di cura dei pazienti.

Un altro strumento non farmacologico, ma importantissimo per perfezionare il processo di cura e migliorare gli esiti, è rappresentato dai Patient-Reported Experience Measures (PREMs) e i Patient-Reported Outcome Measures (PROMs). Si tratta di misure della qualità dell’assistenza. Mentre i PREMs si riferiscono all’esperienza che il paziente vive con i servizi sanitari e sono stati studiati per oggettivizzare il più possibile le risposte dei pazienti, rendendoli meno suscettibili agli effetti delle aspettative, i PROMs sono utilizzati per misurare e spiegare gli esiti di salute dal punto di vista del paziente.

L’aspetto innovativo di questi strumenti risiede nella possibilità di comprendere se un intervento o un trattamento sanitario abbia fatto la differenza per la salute e la qualità della vita del paziente dal punto di vista del paziente stesso. Utilizzare PREMs e PROMs a livello operativo come fonte informativa per implementare nella pratica quotidiana azioni di miglioramento patient-driven è un’operazione ancora limitata da una serie di barriere, legate soprattutto alla bassa frequenza delle indagini, alla non tempestiva restituzione dei dati e all’impossibilità di collegare concretamente le misure provenienti dai pazienti con la propria casistica. (S. De Rosis – Osservatorio PREMs e PROMs – S.S. Sant’Anna Pisa). L’impiego di questi “strumenti”, insieme all’intelligenza emotiva, all’empatia ed il ricorso ad una comunicazione efficace, tra operatore sanitario e paziente, favorisce notevolmente la possibilità di migliorare notevolmente l’aderenza terapeutica, favorendo la riduzione dell’attività di malattia ed aumentando le probabilità di remissione. 

 

*Fondatore e General Manager di Formedica, Docente di Comunicazione e

Management Socio-Sanitario, Dipartimento Studi Sociali ed Economici (DiSSE),

Università La Sapienza di Roma, Master MIAS

 

(*) Sabaté E (ed). Adherence to long-term therapies: evidence for action. Geneva: World Health Organization, 2003 – 4; Osterberg L, Blaschke T. Adherence to medication. N Engl J Med 2005; 353: 487-97; Senst BL, Achusim LE, Genest RP, et al. Practical approach to determining costs and frequency of adverse drug events ina health care network. Am J Health Syst Pharm 2001; 58: 1126-32.