MORFOLOGIE 49 – Roma rende omaggio al genio di Caravaggio

di Maria Rita Montebelli

Palazzo Barberini, per quanto uno dei più grandi e maestosi della capitale, fatica a contenere lo splendore della mostra-evento dedicata a Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (1571–1610). Perché quello proposto nell’anno del Giubileo è un evento espositivo senza precedenti. Organizzato dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica, in collaborazione con la Galleria Borghese e con il sostegno della Direzione Generale Musei e di Intesa Sanpaolo, “Caravaggio 2025” è un progetto ambizioso e dal respiro internazionale. A firmare la curatela della mostra sono Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon, che propongono un percorso articolato e inedito all’interno dell’universo caravaggesco. L’intento non è soltanto quello di esporre alcuni tra i più celebri dipinti del Maestro, ma anche quello di offrire nuove chiavi di lettura rispetto alla sua produzione artistica, alla sua visione rivoluzionaria e al contesto storico e culturale nel quale ha operato nel corso della sua breve esistenza.

La mostra, allestita nelle sale di uno dei luoghi simbolo della committenza barocca romana, propone un viaggio che unisce capolavori noti a opere raramente visibili, alcune delle quali mai esposte insieme fino ad oggi. Tra queste spicca il “Ritratto di Maffeo Barberini”, recentemente riscoperto e presentato al pubblico dopo oltre sessant’anni, che torna grazie a questa mostra nel luogo di origine, affiancato ad altri ritratti caravaggeschi. Altro momento clou dell’esposizione è rappresentato dal rientro in Italia, per la prima volta, a distanza di secoli, dell’”Ecce Homo” custodito al Museo del Prado, che approda alla mostra romana insieme alla “Santa Caterina” proveniente dal Museo Thyssen-Bornemisza, anch’essa appartenente un tempo alla collezione Barberini.

Marta e Maria Maddalena Olio su tela – Dim. 100×134,5 cm

Tra le opere in mostra, ce ne sono anche alcune fondamentali per comprendere l’evoluzione del linguaggio caravaggesco, come la “Marta e Maria Maddalena”, proveniente dal Detroit Institute of Arts, presentata insieme alla “Giuditta e Oloferne”, collocata invece in permanenza a Palazzo Barberini. Entrambe le tele sono state dipinte utilizzando la stessa modella e per la prima volta queste opere, nella particolare collocazione a loro riservata nella mostra, possono dialogare tra di loro, offrendo al visitatore spunti di riflessione sul rapporto tra pittura, realtà e teatralità.

Di particolare rilievo anche la sezione dedicata ai dipinti commissionati a Caravaggio dal banchiere Ottavio Costa, quali il “San Giovanni Battista” del Nelson-Atkins Museum di Kansas City e il “San Francesco in estasi” proveniente dal Wadsworth Atheneum of Art di Hartford. Insieme ai celeberrimi “Bari” del Kimbell Art Museum, questi lavori illustrano l’intreccio tra arte e collezionismo nell’età barocca.

La mostra si chiude con un prestito d’eccezione: il “Martirio di sant’Orsola”, ultima opera del Merisi e testamento artistico del tormentato pittore lombardo, concessa in prestito da Intesa Sanpaolo.

Il percorso espositivo si articola in sezioni tematiche che accompagnano il visitatore in un’esplorazione critica della rivoluzione caravaggesca. Fin dalle sue prime opere, Caravaggio ha scardinato le convenzioni del tempo, imponendo un linguaggio visivo crudo, reale, immerso nella luce e nell’ombra. La teatralità della tela “La cattura di Cristo”, proveniente dalla National Gallery of Ireland, ne è esempio paradigmatico. Qui l’artista riesce a fondere la tensione drammatica con un naturalismo, che elide ogni distanza tra sacro e quotidiano.

Accanto a scene religiose, la mostra sottolinea anche il contributo dato da Caravaggio alla nascita del ritratto moderno. L’introspezione psicologica, la resa viva dei volti, l’uso sapiente della luce diventano strumenti per restituire carattere e umanità dei soggetti, in un equilibrio costante tra verità e rappresentazione.

“Caravaggio 2025” non è dunque solo una incredibile retrospettiva, ma anche un’occasione unica per riscoprire il valore seminale dell’opera del Merisi, la cui influenza si estende ben oltre il suo tempo. La mostra non si limita a ripercorrere la complessità del suo percorso artistico, ma invita anche a riflettere sulla persistenza del suo impatto, rintracciabile fino all’arte contemporanea e nell’immaginario collettivo.

In un anno fortemente simbolico per la città di Roma e per il mondo cattolico, Palazzo Barberini si propone e si conferma crocevia di storia, arte e spiritualità, offrendo un’esperienza immersiva che unisce rigore scientifico, bellezza artistica e passione divulgativa. Un omaggio clamoroso ad un artista che ha saputo svelare il lato più umano del sacro e il lato più sacro dell’umano.