MORFOLOGIE 49 – Liste d’attesa e diritti negati: la sfida dei pazienti reumatologici nel sistema sanitario italiano

di Cristina Saja

In Italia, i pazienti affetti da malattie reumatologiche affrontano tempi di attesa estremamente lunghi per accedere a visite specialistiche ed esami diagnostici. Sappiamo bene che è quasi l’80% dei pazienti costretto ad attendere oltre cinque mesi per una visita specialistica. Questa situazione è particolarmente grave nel Centro-Sud, dove in nove casi su dieci i tempi di attesa sono eccessivamente lunghi, costringendo molti a rivolgersi a strutture private o lontane dal luogo di residenza, con conseguente aggravio di costi e sviluppo del fenomeno delle migrazioni sanitarie.

Diritti dei pazienti e strumenti legali

La normativa italiana stabilisce tempi massimi di attesa per le prestazioni sanitarie: 30 giorni per le visite specialistiche e 60 giorni per gli esami diagnostici. Se il Servizio Sanitario Nazionale non è in grado di garantire la prestazione entro questi termini, il paziente ha il diritto di richiedere la prestazione in regime di attività libero-professionale intramuraria (intramoenia) senza costi aggiuntivi rispetto al ticket già pagato. Per esercitare questo diritto, è necessario presentare una richiesta in carta semplice al Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria di appartenenza. Tuttavia, molti pazienti non sono a conoscenza di questa possibilità o incontrano ostacoli burocratici nell’esercizio di tale diritto.

Il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) 2019–2021, stabilisce dei tempi massimi entro cui devono essere garantite le prestazioni sanitarie: qualora tali tempistiche non vengano rispettate e non sia possibile fissare l’appuntamento entro i limiti previsti, presentando un’istanza scritta in carta semplice indirizzata al Direttore Generale. Tale richiesta dovrà contenere:

la copia della prescrizione medica con l’indicazione del codice di priorità (U – urgente, B – breve, D – differita, P – programmata),

la documentazione comprovante l’impossibilità di ottenere la prestazione entro i termini previsti (ad esempio, la comunicazione del CUP con la prima data disponibile oltre i tempi massimi),

un eventuale certificato medico che attesti la necessità di una prestazione tempestiva per tutelare la propria salute.

L’Azienda Sanitaria ha l’obbligo di verificare la fondatezza della richiesta e, se confermata, di autorizzare l’erogazione della prestazione in intramoenia a carico del Servizio Sanitario Nazionale. In caso di inerzia da parte dell’amministrazione o di rigetto non motivato della richiesta, il cittadino può valutare, anche con l’assistenza di un legale, l’opportunità di ricorrere al giudice ordinario per la tutela del proprio diritto alla salute, costituzionalmente garantito dall’art. 32 della Costituzione italiana.

Nel caso delle malattie reumatologiche, per le quali una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo risultano spesso determinanti per evitare danni permanenti, il rispetto dei tempi di accesso alle cure assume un rilievo ancora più marcato. È pertanto essenziale che i pazienti siano consapevoli dei propri diritti e delle possibilità offerte dalla normativa vigente per tutelare l’accesso equo e appropriato alle prestazioni sanitarie.