LA SFIDA
Viaggio in bicicletta per gestire l’artrite reumatoide
Tre mesi in giro per l’Italia con una bici da 30 chili per celebrare un compleanno da ‘cifra tonda’ e dimostrare a sé stessa che l’artrite reumatoide non sempre può mettere i bastoni tra le ruote. Perché la determinazione e le terapie biologiche sono molto più forti della malattia. Ecco l’impresa di Chiara
di Chiara Buiarelli
Ci sono giorni in cui fermarsi. Ci sono giorni in cui ripartire. L’artrite reumatoide mi insegna a stare in questa alternanza. Ho compiuto 50 anni in questo 2025, e senza l’aiuto del farmaco biotecnologico sarei potuta essere molto diversa, con una qualità di vita, suppongo, molto più bassa di quella attuale. Per onorare così questo mezzo secolo di vita ho voluto dedicarmi del tempo, 3 mesi senza lavorare. Il 5 giugno parto dalla Gola del Furlo (PU) in bicicletta (muscolare), da sola con tenda al seguito, per un progetto di sensibilizzazione sulle patologie reumatiche, incontrare altre persone che convivono con queste malattie, ma anche vedere posti in Marche, Umbria, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Repubblica di San Marino per nutrirmi di bellezza. In questo viaggio provo anche ad “alzare l’asticella” della mia prestazione sportiva facendo tanti chilometri, discreti dislivelli, per innumerevoli giorni su una bicicletta che pesa più di 30 kg. Durante il percorso, cerco e trovo, contesti ambientali antinfiammatori come boschi vetusti ricchi di biodiversità e biocomplessità, inoltre vado a conoscere e approfondire servizi di turismo accessibile, dove collimano interesse personale e competenza professionale. Questo viaggio è pensato come un progetto, dal titolo: “Fermati quando devi, riparti quando puoi”. Ci tenevo a sottolineare l’aspetto dinamico dell’artrite e che la sfida vera non sono i tanti chilometri o i discreti dislivelli, ma, ancora una volta, la convivenza con questa patologia. Ma anche questa patologia deve convivere con me e con una mia grande passione: viaggiare in bicicletta. Una passione che non si è spenta neanche nei momenti più bui della malattia, mantenendo vivo il bisogno di partire, incontrare, esprimere la mia natura di esploratrice e raffinare la mia indole di “attacca bottone”, un bisogno identitario che è mio da sempre. L’itinerario è programmato a grandi linee, con incontri prestabiliti con persone e/o associazioni a cui raccontare il mio viaggio e condividere esperienze. Di giorno in giorno il viaggio si compone inanellando tappe e collezionando incontri informali. Scopro con regolarità persone che, a vario titolo, hanno a che fare con patologie reumatiche e con i temi del progetto. Perfetti sconosciuti che si rivelano “Sconosciuti Perfetti”, che arrivano sempre, nei momenti di stanchezza, di perdita di senso per quello che sto facendo, producendo un effetto dopante sul mio umore e sulla mia pedalata. Il caso non esiste! Il viaggio è pensato anche per dare voce al percorso di ricerca di questi anni. Ho una curiosità innata e una deformazione professionale che mi portano a cercare, studiare, approfondire. In primis ho cercato l’aiuto di Pamela Mancini, atleta Ironman e personal trainer con artrite psoriasica, che ha messo a punto un protocollo di allenamento che adotto da più di due anni. Da sempre sono appassionata di boschi, anche quando mi muovevo male: osservare, annusare, ascoltare, toccare, mi aiutava. Così approdo alla Terapia Forestale, che annovera una ricerca scientifica di 20 anni a livello mondiale che ne comprova la valenza terapeutica. Attualmente la Regione Toscana sta pensando di inserirla tra le cure integrative del Sistema Sanitario Nazionale. Più cerco, più noto che sono sempre più protagonista del mio processo di cura, non si tratta solo di assumere un farmaco, seppur fondamentale farlo. Ho pensato anche che un approccio sempre medico, ma di stampo orientale, avrebbe potuto darmi altre informazioni. L’ Ayurvedica entra nel mio percorso con compresse e massaggi, che fanno bene al corpo e all’Anima, e che, nel giro di poco, diminuiscono la fatigue. A poco a poco concentro la mia attenzione sulle scelte quotidiane e l’importanza dei miei pensieri, inizio un corso di Mindfulness. Il viaggio in bicicletta è il risultato di tutto ciò, ma sperimento ulteriormente sui pedali stati di benessere che non provavo più da quando sono malata; percepisco una forza fisica ed una capacità di adattamento che l’artrite tollera magnificamente; nei giorni “no”, il malessere interessa solo un arto: mano o anca o altro ma il resto del corpo lo sento forte e integro. Ripartire e pedalare, anche con i dolori e lasciare che: bellezza, incontri, sudore, fatica, meraviglia e stupore sistemino il tutto. La malattia porta messaggi e indica una direzione, dopo questo viaggio conosco meglio l’artrite e me stessa, mi fermo per un po’ ma poi non ripartire sarebbe un peccato oltre, credo, che un grosso errore nel processo di guarigione. Un grazie di cuore a Alessandra Verducci, Alessandra Rosabianca, Gianluca Mantovani e Mauro D’Antonio per il supporto e la vicinanza. Il progetto “Fermati quando devi, riparti quando puoi” è patrocinato da APMARR e ANMAR, ed ha come collaboratori: TEFFIT Terapie Forestali in Foreste Italiane, Coop Soc.le La Macina Terre Alte turismo accessibile outdoor, Periscopio, testata online di Ferrara.








