MORFOLOGIE 50 – Non è solo dolore: la depressione presenza invisibile nelle malattie reumatiche

PSICOLOGIA

Non è solo dolore: la depressione presenza invisibile nelle malattie reumatiche

Troppo spesso ci si limita a curare il corpo, trascurando completamente il vissuto delle persone, relegando i mali dell’anima in secondo piano. Ma non bisogna arrendersi. È importante parlarne. Con le persone giuste

di Rosario Gagliardi*

“Mi sentivo vuota, stanca, senza voglia di fare niente. Ogni volta che lo dicevo, mi rispondevano: ‘È normale, con l’artrite’. Così ho smesso di parlarne. Anche il dolore fisico mi sembrava più facile da spiegare di quello che avevo dentro.”
Francesca ha 42 anni, convive da otto con un’artrite reumatoide ben trattata dal punto di vista clinico. Prende i farmaci, fa fisioterapia, fa tutto “come si deve”. Eppure, qualcosa non andava. Nessuno, per anni, le ha chiesto come stesse davvero. Non nel corpo, ma dentro.
La depressione e l’ansia sono tra le compagne più silenziose – e spesso ignorate – delle malattie reumatologiche croniche. Studi internazionali riportano che oltre il 30% delle persone con queste patologie soffre di sintomi depressivi clinicamente significativi, e quasi il 40% manifesta disturbi d’ansia. Numeri impressionanti, che raramente trovano riscontro nella pratica clinica quotidiana.
Il dolore persistente, la fatica, le limitazioni nella vita sociale e lavorativa, la paura del futuro e la solitudine creano un terreno fertile per il disagio psicologico. Ma tutto questo resta spesso invisibile. A volte perché manca il tempo nelle visite, a volte perché anche chi sta male non trova le parole. E così il disagio si confonde con la malattia stessa, come se fosse “parte del pacchetto”.
“Ho saltato le visite, ho preso male i farmaci. Mi sentivo inutile, in colpa. Pensavo: tanto non cambia niente.”
Quando la depressione non viene riconosciuta, le conseguenze sono gravi: peggiora la qualità della vita, aumenta la percezione del dolore, riduce l’aderenza terapeutica e può perfino compromettere l’efficacia dei trattamenti. È un circolo vizioso tra corpo e mente che lascia il paziente sempre più isolato.
Eppure, rompere questo silenzio è possibile. Tutti i pazienti, possono imparare a dare dignità anche alla sofferenza “che non si vede”. E come professionisti, possiamo fare la differenza anche solo con una domanda in più: “Come ti senti, davvero?”.

APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, da sempre attenta al benessere globale delle persone, ha promosso negli anni numerose occasioni di confronto su questo tema, tra cui incontri, tavole rotonde e momenti di ascolto dedicati. Perché il benessere emotivo è parte integrante della cura, e parlarne apertamente è già un primo passo verso una presa in carico più completa e umana.

“Quando finalmente un reumatologo mi ha detto: ‘Potremmo parlarne con la psicologa, se ti va’, mi sono sentita vista. E, per la prima volta dopo tanto tempo, anche capita.”
Ogni storia inizia da un gesto semplice. Un ascolto vero. Una domanda sincera. Perché non c’è cura completa senza uno spazio per la fragilità.

*Founder & General Manager Formedica – Scientific Learning
Docente di Management Socio-Sanitario e Medicina Comunicazionale
Dipartimento Scienze Sociali ed Economiche, Università Sapienza Roma