Quinto appuntamento con la rubrica REUMAstories: la testimonianza di Sara, volontaria di APMARR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare)
Mi chiamo Sara Elia, ho 33 anni, ho una sorella gemella di nome Veronica e sono una ragazza solare, determinata e coraggiosa nell’affrontare tutto quello che la vita mi presenta.
All’età di 11 anni è iniziato il mio calvario con la malattia, a causa di una diagnosi molto tardiva: da un giorno all’altro tutto è cambiato, ho iniziato ad avere tumefazione alle mani, gonfiore e rigidità. Li chiamarono i famosi “geloni” alle mani ma io non ero molto convinta della diagnosi perché ho avuto gli stessi sintomi anche d’estate, così alle scuole medie e superiori ricordo che io non riuscivo a scrivere, mi facevano molto male le dita perché erano molto gonfie, viola. In questa fase mi aiutò molto mia sorella perché stavamo nella stessa classe e andai dal primo medico curante il quale anche lui mi disse che erano dei semplici geloni: mi prescrisse delle pomate e io mi misi l’anima in pace anche se purtroppo la mia situazione non migliorò.
Morto il mio primo medico curante gli subentrò un’altra dottoressa ma anche lei confermò la stessa diagnosi ma io nel frattempo continuai a peggiorare e mi recai da un dermatologo molto bravo che conoscevo: mi fece fare una capillaroscopia del vallo ungueale e da lì purtroppo uscì che avevo avuto ectasie, emorragie. Chi mi fece la capillaroscopia era proprio un reumatologo che mi prescrisse tutte le analisi del sangue e io le feci ma purtroppo i risultati non furono buoni.
Da quel momento mi iniziò a seguire un primo reumatologo ma non capì molto la mia condizione clinica perché nel frattempo incominciarono ad emergere altri sintomi (afte in bocca, dolori intestinali, dolori ai polsi) poi mi seguì un secondo reumatologo ma neanche lui riuscì a capire cosa avessi realmente, purtroppo ho avuto una diagnosi tardiva.
A quel punto io mi ero stancata e non volevo andare più da nessun’altra reumatologa e anche a livello psicologico era subentrata la non accettazione della mia condizione. Poi tramite mia madre conobbi un’altra reumatologa molto brava che mi capì e con lei iniziai a fare un sacco di accertamenti durati diversi mesi e da lì scoprii di avere una malattia rara: il MORBO DI BECHET. In seguito ad ulteriori accertamenti fatti con una dermatologa immunologa ho scoperto anche di essere celiaca. Fu a quel punto che la mia reumatologa mi parlò di APMARR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare), io mi sono avvicinata all’associazione e da quel momento mi si è aperto un mondo di volontariato dove do tutta me stessa e ho avuto il piacere di conoscere la presidente Antonella Celano, una persona splendida. Fu lei stessa, dovendo iniziare il mio iter di cure con il farmaco biotecnologico, a indirizzarmi verso un altro reumatologo. Sono in cura dal 2013 presso il Policlinico di Bari e lì mi trovo abbastanza bene: il mio reumatologo è anche il mio angelo, non lo cambierei con nessun altro.
Dopo diversi anni ho iniziato ad accusare forti mal di testa e fu così che andai dal neurologo per fare degli accertamenti dai quali emerse che la malattia mi aveva colpito anche a livello neurologico e le mie gambe non riuscivano più a mantenermi in piedi, trasformando la mia malattia in NEURO BECHET.
Ora sto seguendo una terapia biotecnologica quotidiana e assumo un altro farmaco molto forte. Non vi nascondo che vengo seguita da una psicologa molto brava che mi capisce, mi comprende e mi sta aiutando molto ad affrontare al meglio la malattia e per questo la devo ringraziare tanto. Io infatti prima non volevo andarci dalla psicologa: pensavo di essere una pazza ma non è così, con lei mi trovo bene. Come ben sapete non è facile accettare la malattia, io non l’ho accettata e continuo ancora oggi a non accettarla avendo purtroppo subito tante delusioni una dietro l’altra ma l’affronto sempre con il sorriso. Concludo dicendo che nella vita non bisogna mai arrendersi e bisogna sempre andare avanti.
Sara Elia, Volontaria APMARR
Testimonianza_di_Sara_Elia.pdf