Era il 2016 e compivo 60 anni, giovanile per l’età che avevo, con un fisico in forma, i muscoli tonici, ancora tanta voglia di ridere e scherzare. Poi quelle mani che si gonfiano, senza un perché, le dita che si spaccano, era un‘allergia allo smalto, hanno detto, ovvero più che allo smalto alle sostanze utilizzate per renderlo permanente.
In seguito, comincia la stanchezza. Quell’inverno mi accorgo di non riuscire più a sostenere le sedute di ginnastica che ero solita fare da sola a casa mia, in una piccola palestra ben organizzata (cyclette, panca pesi, qualche attrezzo facile). Non capisco, penso di essere invecchiata, di colpo. Intanto incomincio ad andare dai medici che mi prescrivono una serie di analisi, di tutti i tipi. Fondamentalmente non viene fuori niente.
Sopraggiunge l’affanno, la difficoltà a percorrere tratti anche brevi di strada. Strano, eppure mi manca il fiato, la stanchezza avanza. Ma cosa mi sta accadendo? Intanto dai medici altri esami, qualche intuizione, nessuna risposta.
Tutto comincia con una TAC al polmone. Nel referto una frase seguita da un punto interrogativo: “sclerosi sistemica?”.
Poi tutto precipita. Siamo arrivati al 2018, dopo un’estate complessivamente non facile, un settembre da incubo per il lavoro, comincio a dimagrire, perdo 7 kg in un mese. Nel frattempo, ritiro le analisi con la ricerca di anticorpi specifici reumatologici e compaiono i segni di una polimiosite. All’inizio di ottobre sono uno straccio, i CPK, che nel frattempo mi dicono di monitorare, superano il valore di 3.000 e un angelo donna, medico specialista in reumatologia, mi ricovera d’urgenza.
Diagnosi: sclerosi sistemica con polimiosite necrotizzante in overlap. I miei muscoli vanno in necrosi, li sto perdendo. Cammino a stento, non riesco ad alzare le braccia oltre il gomito, sollevare le gambe è impossibile, ho qualche difficoltà a deglutire, ho l’affanno dopo 20 metri, non riesco a muovermi per la stanchezza.
Poco meno di un mese di ricovero mi rimette in piedi, o quasi. Almeno i valori scendono.
A gennaio 2019 atterro nell’ambulatorio di fisioterapia reumatologica e non sono per nulla messa bene e me ne rendo chiaramente conto. Sempre l’affanno, dopo solo pochi passi mi manca il respiro e mi devo fermare. Una rampa di scale nella mia mente diventa il monte Everest. Per accavallare le gambe devo sollevarle con entrambe le mani ed entrare in auto è un’impresa, cambiare le marce molto difficoltoso, la prima e la retromarcia sono proibitive. In realtà non posso guidare da sola. Quando provo a sollevare il braccio destro non riesco a portarlo neanche all’altezza della spalla e per lavarmi i capelli sono costretta a numerosi equilibrismi. Agganciare il reggiseno è una lotta quotidiana e infilare i pantaloni è impresa subumana. Mangiando non riesco neanche a sollevare un bicchiere, figuriamoci una bottiglia di acqua. Le mie mani sono ancora inspiegabilmente gonfie e le mie labbra sono
improvvisamente sparite, lasciando al loro posto una ragnatela di rughe convergenti verso l’interno della bocca. Complessivamente, mi sento invecchiata di 20 anni e sinceramente un po’ sconsolata.
Poi, nell’ambulatorio, incontro un gruppo di persone speciali, professionali, attente, tenaci e il mio mondo comincia a rifiorire. Alla loro guida una donna, Anna Sergio, empatica, esperta, dedita alla cura delle persone oltre che dei pazienti.
Non mi hanno mai taciuto le difficoltà, né mi hanno fornito facili illusioni, hanno solo lavorato insieme a me, duramente e instancabilmente, per raggiungere l’obiettivo.
Insieme ci siamo consolati, divertiti, stimolati e ora ho recuperato buona parte delle mie funzionalità.
“Igia, stai molto meglio, è evidente” è la frase maggiormente ripetuta dai miei parenti e amici.
Così del percorso di cura, la fisioterapia è diventata un tassello determinante, indispensabile, quello che mi ha restituito una qualità della vita accettabile e una discreta autonomia; quello che mi ha dato la forza di andare avanti.
Un infinito grazie a questo gruppo di lavoro: singolarmente siete efficaci, ma in gruppo siete eccezionali.
Igia Campaniello
REUMAstories_Igia_Campaniello.docx.pdf