I pediatri di molte zone d’Europa negli ultimi giorni hanno lanciato l’allerta dopo aver registrato un numero particolarmente elevato di bambini colpiti da una rara sindrome infiammatoria, nota come Malattia di Kawasaki, che si teme possa essere legata al nuovo coronavirus.
Per scoprire meglio cos’è la Malattia di Kawasaki vi riproponiamo di seguito l’intervista realizzata da Serena Mingolla con il prof. Rolando Cimaz, attuale Direttore UOC Reumatologia Clinica Pediatrica presso l’ASST Gaetano Pini, Professore Ordinario di Reumatologia presso Università degli Studi di Milano e Membro fondatore, Tesoriere e membro del Consiglio Direttivo prima, Research Chair poi di Pediatric Rheumatology European Society, pubblicata nel 2017 sul numero 26 di Morfologie, la rivista trimestrale di APMARR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare).
Malattia di Kawasaki: conosciamola meglio
La sindrome o malattia di Kawasaki (o sindrome linfo-muco-cutanea) è una vasculite acuta sistemica la cui causa è sconosciuta, che coinvolge le pareti delle arterie di piccolo e medio calibro del bambino, descritta per la prima volta in Giappone dal dr. Tomisaku Kawasaki nel 1967. È una vasculite dell’infanzia e costituisce la causa principale di patologia cardiaca acquisita in età pediatrica nei paesi industrializzati. Conosciamo meglio questa patologia con il prof. Rolando Cimaz.
Che cos’è la malattia di Kawasaki?
La malattia di Kawasaki è un’infiammazione dei vasi sanguigni che colpisce spesso i bambini molto piccoli nei primissimi anni di vita e addirittura i lattanti. Difficile da riconoscere nei casi complessi, se non trattata precocemente, può causare dei danni anche permanenti ai vasi sanguigni, soprattutto a quelli che irrorano il cuore. Le complicanze delle arterie coronarie nei bambini molto piccoli possono essere devastanti e portare addirittura a infarto e a decesso; è una malattia che i pediatri devono conoscere perché si presenta con una febbre di origine sconosciuta che dura per diversi giorni, accompagnata da alcuni segni e sintomi come infiammazione a livello della mucosa della bocca, della congiuntiva degli occhi, delle articolazioni e della pelle con delle macchie cutanee; con infiammazioni a livello delle mani e dei piedi che possono gonfiarsi e con infiammazioni dei linfonodi del collo che possono ingrandirsi. La diagnosi, nei casi semplici, è molto facile per il pediatra di famiglia; spesso bisogna però ricorrere a degli esami specifici e quindi questi soggetti sono inizialmente ricoverati in ospedale per porre la diagnosi corretta e poi instaurare il trattamento appropriato.
Si tratta di una malattia rara?
La malattia di Kawasaki è relativamente rara nei nostri Paesi, mentre, nei Paesi orientali, come per esempio in Giappone, in Cina e negli altri Paesi asiatici, è molto frequente. In Europa, per fortuna, non si presenta di frequente; questo però può rappresentare un problema ulteriore in quanto le malattie più rare hanno spesso difficoltà diagnostiche a causa del fatto che i pediatri non ci pensano abbastanza.
Come si diagnostica?
Si diagnostica mediante una visita clinica, mediante degli esami di laboratorio ed è importantissimo, in questi casi, il coinvolgimento del cardiologo che effettuerà oltre alla visita, una ecografia del cuore e delle coronarie per verificare se ci sono dei danni alle arterie coronarie.
Quindi le linee guida per questa patologia provengono dall’Oriente?
Le linee guida sono sia orientali sia occidentali, nel senso che gli Stati Uniti e le associazioni di cardiologia e di pediatria degli Stati Uniti hanno stabilito delle linee guida internazionali che usiamo anche noi, mentre invece, i colleghi orientali e asiatici sono alle prese con una malattia caratterizzata da una notevole incidenza ed utilizzano criteri lievemente diversi, soprattutto per quanto riguarda l’interessamento dei vasi coronarici.
Quale terapia risulta efficace?
La terapia standard è oramai uguale in tutto il mondo e si basa sulla somministrazione di immunoglobuline che vengono somministrate per via endovenosa il più presto possibile appena fatta la diagnosi, in associazione a farmaci antinfiammatori non steroidei come l’aspirina. Questa terapia riduce l’incidenza delle alterazioni coronariche da circa il 25% dei casi non trattati, a meno del 5% nei casi trattati. Vi sono raramente delle resistenze alle immunoglobuline per cui è necessario effettuare una seconda dose di immunoglobuline o somministrare del cortisone; nei casi veramente refrattari, si arriva alla somministrazione di farmaci biologici.
Com’è la qualità della vita di questi pazienti?
La qualità della vita dei bambini una volta risolta la fase acuta, se non ci sono complicanze cardiologiche, è perfetta in quanto, la malattia di Kawasaki è una malattia acuta che se non lascia reliquati a livelli delle coronarie, guarisce perfettamente e i bambini possono ritornare a condurre una vita normale e a fare tutto quello che fanno i loro coetanei. Viceversa, in quei pochi sfortunati casi con interessamento dei vasi coronarici, la qualità della vita può essere lievemente ridotta: i pazienti devono assumere farmaci a lungo termine, effettuare controlli cardiologici periodici; nei pochissimi casi in cui si manifestano aneurismi coronarici, devono addirittura sottoporsi ad interventi chirurgici. Per fortuna questi sono casi rarissimi.