Morfologie n°45 – PSICOTERAPIA REUMATOLOGI E PSICOLOGI: UNA RELAZIONE DA COSTRUIRE A BENEFICIO DEL PAZIENTI

I risultati di un sondaggio promosso dal Collegio dei Reumatologi Italiani e dall’Associazione Nazionale Psicologi Psicoterapeuti rivelano il grande interesse da parte dei reumatologi ad intessere un rapporto sempre più stretto con gli psicologi, per migliorare la presa in carico delle persone con patologie reumatologiche.

 

La salute mentale non può mai essere trascurata e deve andare sempre di pari passo con quella fisica. Psicologi e specialisti devono lavorare fianco a fianco per il benessere dei pazienti. È da queste basi che muove un sondaggio promosso dal Collegio Reumatologi Italiani (CReI) in collaborazione con l’Associazione Nazionale Psicologi Psicoterapeuti-ANaPP. “La comunità dei reumatologi – sottolinea la dottoressa Daniela Marotto, presidente CReI – ritiene che il supporto psicologico ai pazienti reumatici abbia un beneficio sulla loro vita ed anche una ricaduta positiva sul ruolo dello stesso professionista. E, di conseguenza, ritiene opportuno definire con lo psicologo momenti di confronto per la condivisione di informazioni importanti rispetto al percorso del paziente”. 

Il sondaggio è stato realizzato in occasione del Corso per Psicologi sul “Dolore cronico ed approccio integrato interprofessionale reumatologo-psicologo-psicoterapeuta” e, con la collaborazione di professionisti ANaPP, nell’ambito del XXVI Congresso Nazionale del Collegio Reumatologi Italiani (24 giugno 2023, Roma) attraverso un questionario proposto ai medici reumatologi per conoscere il loro parere in merito alla validità della collaborazione con lo psicologo nella gestione del paziente reumatico.

“Abbiamo avviato questa attività – spiega la dottoressa Marotto – perché siamo convinti dell’importanza delle relazioni multidisciplinari nell’ambito della reumatologia; proprio nel momento in cui si parla di ‘fine dei silos’, riteniamo che uno sguardo ampio sulle problematiche espresse dai pazienti ed anche sul vissuto dei reumatologi possa aiutare per una presa in carico più precisa e olistica”. “Abbiamo partecipato con grande interesse alla gestione di questo sondaggio – precisa Giulia Maffioli, presidente ANaPP – in quanto è sempre più evidente che l’intervento di supporto psicologico integrato con il percorso reumatologico, sia essenziale per il raggiungimento di una migliore qualità di vita dei e delle pazienti affetti da patologie reumatiche ed in particolare dalla fibromialgia”.

Il questionario CReI-ANaPP prevedeva sette domande a risposta multipla, con la possibilità di effettuare più opzioni di risposta e una domanda finale a risposta aperta. Il focus del sondaggio era sui bisogni, le motivazioni e l’interesse dei reumatologi a costruire un percorso condiviso con psicologi e psicoterapeuti per dare maggiori risposte alle esigenze delle persone con malattie reumatiche e ottenere un più soddisfacente risultato terapeutico. Una prima evidenza emersa dalle risposte è che il 97% dei reumatologi che ha risposto al questionario ritiene che il supporto psicologico ai pazienti reumatologici porti ad un miglioramento della loro vita ed anche una ricaduta positiva sul ruolo del reumatologo stesso. Il 50% circa motiva questa convinzione con il fatto che la presenza di un professionista che si occupi degli aspetti non organici della malattia definisce meglio il contratto terapeutico del reumatologo e riduce il senso di inefficacia del suo operato su ciò che non è ‘reumatologico’. Il 48% dei reumatologi CReI ritiene che l’ausilio dello psicologo migliori la gestione della presa in carico del paziente e aiuti quest’ultimo a mantenere una più fedele adesione alla terapia.

L’utilità e i benefici di un piano terapeutico che preveda l’integrazione delle competenze dello psicologo per un maggiore recupero del benessere del paziente, è ulteriormente supportata dalle risposte fornite alla domanda “Su quali aspetti potrebbe lavorare lo psicologo insieme al reumatologo?”. Il 53% dei rispondenti ha posto l’accento sull’accettazione della malattia e sulla gestione del dolore, pur non avendo molta conoscenza delle tecniche adottate dagli psicologi. Mentre una parte dei reumatologi dichiara già di collaborare con psicologi (35%) e di conoscere, in parte, le tecniche psicologiche e di consigliarle (29%). Infine, oltre il 90% dei reumatologi coinvolti nel questionario, ritiene opportuno definire con lo psicologo momenti di confronto per la condivisione di informazioni importanti rispetto al percorso del paziente.

“La collaborazione reumatologo-psicologo è in una fase iniziale, ma particolarmente promettente – sottolinea la presidente Marotto – come si evince anche da alcune affermazioni espresse liberamente dai partecipanti al sondaggio”. Tra queste: la collaborazione reumatologo-psicologo consente ‘una gestione multidisciplinare di una condizione molto eterogenea, multifattoriale in cui l’aspetto psicologico è fondamentale’; il lavoro dello psicologo può essere d’aiuto ‘per la migliorare la compliance del paziente alle terapie anche farmacologiche’; nella gestione del paziente ‘la terapia psicologica è fondamentale, ma il medico reumatologo non può avere le competenze necessarie”.

Reumatologo e psicologo possono dunque avviare, a partire da questo primo modello di integrazione, una nuova strategia che veda gli specialisti dei due ambiti relazionarsi per una migliore e più globale presa in carico dei pazienti con malattie reumatologiche? “Crediamo sicuramente di si – afferma decisa la Presidente Marotto –. Abbiamo intenzione di avviare una relazione tra CReI ed ANaPP che ci porterà verso il Congresso 2024 avviando con tutti i soci del Collegio una progettualità che preveda relazioni più strette tra i reumatologi e gli psicologi del territorio a loro vicini. Il tutto per garantire uno sguardo nuovo, sempre più ampio e preciso sui pazienti e sulle loro condizioni di vita”. “Siamo di fronte a patologie complesse – conclude la presidente Maffioli – che sempre più chiaramente evidenziano la necessità di avviare un cambiamento culturale da parte dei professionisti sanitari, affinché il loro contributo alla riuscita del progetto terapeutico sia davvero integrato”.