Morfologie n°45 – PROFESSIONE ALLARME REUMATOLOGI: PIÙ DEL 50% NON TROVA LAVORO

La Società Italiana di Reumatologia, in occasione del suo congresso nazionale, ha ribadito che sono necessarie più unità operative e più specialisti per limitare il ritardo diagnostico. Una migliore presa in carico dei pazienti potrebbe inoltre ridurre le liste d’attesa, evitando ai cittadini di dover ricorrere alla sanità privata.

 

Oltre il 50% dei reumatologi non trova lavoro nella sanità pubblica e ‘ripiega’ quindi sulla medicina interna o altre specialità affini. Le strutture di ricovero in reumatologia sono insufficienti e mal distribuite: le poche unità esistenti si concentrano nelle grandi città, mentre intere province ne sono sprovviste. Anche sul fronte ambulatori del territorio, gli specialisti reumatologi sono molto carenti. Per questo, troppo spesso i pazienti, per ottenere una prima diagnosi, sono costretti a rivolgersi alla sanità privata. È l’allarme lanciato dalla Società Italiana di Reumatologia (SIR) durante il 60° Congresso Nazionale a Rimini.

“La distribuzione di reumatologi e di unità operative sul territorio italiano non è uniforme – ricorda Gian Domenico Sebastiani, Presidente SIR –. Nel Lazio, per esempio, le 5 strutture che possono garantire posti letto ai pazienti, sono tutte a Roma. Le altre province ne sono totalmente prive. Nelle Marche ne è presente solo una, a Jesi. Per le persone che necessitano di ricovero, soprattutto nei momenti più acuti della malattia, è un vero problema. In Lombardia la situazione nelle strutture ospedaliere è migliore, tuttavia c’è assoluta carenza di reumatologi nel territorio. Il problema si verifica anche per chi ha necessità di una prima diagnosi: l’impossibilità di trovare un reumatologo nella sanità pubblica o di farsi indirizzare dal proprio medico curante porta a due conseguenze, o la visita da uno specialista non adatto o, per chi può permetterselo, la sanità privata. Le patologie reumatologiche sono di difficile inquadramento, perché i sintomi sono spesso aspecifici. Per questo è fondamentale che a visitare il paziente sia uno specialista qualificato e competente, e che il medico di medicina generale abbia la possibilità di indirizzare correttamente il paziente allo specialista reumatologo nei casi in cui è opportuno.”

“Per quanto siano aumentati i posti nelle scuole di specializzazione, restano seri problemi nell’inserimento dei medici nelle strutture pubbliche – aggiunge Roberto Gerli, Past President SIR –. Come SIR abbiamo realizzato un documento dedicato all’organizzazione della rete reumatologica territoriale, che tiene conto dell’importanza dell’implementazione di un sistema che abbia l’obiettivo primario di facilitare i percorsi di collaborazione tra i diversi livelli (territoriale, ospedaliero per malati non gravi e ospedaliero di ricovero), per una migliore gestione della persona e delle risorse. Il modello di riferimento è l’Hub & Spoke, che permetterebbe l’interscambio dei pazienti complessi dal centro Hub all’unità Spoke, una volta stabilizzati. Una migliore presa in carico permetterebbe la riduzione delle liste di attesa, con una diminuzione dei costi a carico del sistema sanitario e un beneficio per l’intera comunità. Chiediamo che si prevedano unità operative di reumatologia in numero proporzionale rispetto alla popolazione e variabile sulla base della densità abitativa.”

“L’assenza del servizio reumatologico pubblico in così tante province italiane rappresenta un serio problema che è necessario affrontare con il supporto delle istituzioni – aggiunge Carlomaurizio Montecucco, Presidente di FIRA, Fondazione Italiana per la Ricerca sull’Artrite –. È fondamentale che vengano promosse azioni per l’incremento del numero di specialisti: la condizione minima richiesta è di avere un clinico in ogni azienda sanitaria locale e un’unità operativa in ogni provincia. Il ritardo diagnostico è molto impattante e colpisce circa 1 milione dei 5,4 milioni di malati reumatologici. Per esempio, sono necessari anche 2 anni per ricevere la diagnosi di artrite reumatoide o di lupus eritematoso sistemico, 7 anni per la diagnosi di sindrome fibromialgica, fino a 20 anni per la diagnosi di spondilite anchilosante. Il nostro appello è alle istituzioni perché la reumatologia assuma un ruolo prioritario nell’agenda politica.”

“Il problema principale è il mancato assorbimento degli specialisti da parte delle strutture pubbliche – conclude Giuseppe Provenzano, Segretario Generale SIR –. I giovani reumatologi che escono perfettamente formati dalle scuole di specializzazione non trovano collocazione nelle strutture pubbliche, e vengono assunti nell’ambito della medicina interna o nel privato. Anche a causa dell’assenza di strutture specialistiche, il paziente, prima di accedere alla valutazione reumatologica, entra in contatto con altri specialisti, per esempio il fisiatra, l’ortopedico e il neurologo, con notevole ritardo diagnostico. Più la diagnosi ritarda, più tardiva è la terapia con l’aggravamento dei sintomi e l’accumulo del danno irreversibile, che è direttamente proporzionale all’invalidità. Non dimentichiamo che le malattie reumatologiche sono infatti la prima causa di invalidità nei paesi occidentali.”