APMARR in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute dell’Università La Sapienza di Roma ha indagato la relazione tra esperienze stressanti in età infantile e vissuto di malattia durante la pandemia di COVID-19, in un gruppo di persone con artrite reumatoide
I nostri sistemi endocrino, nervoso ed immunitario, sono in continua interazione con la componente affettiva delle nostre esperienze, e la nostra capacità di regolare le emozioni influenza in modo significativo la risposta allo stress nel corso della vita. Diversi studi longitudinali confermano il legame tra le esperienze stressanti vissute durante l’infanzia, soprattutto nell’ambito di rapporti affettivi e una maggiore vulnerabilità allo sviluppo di una disregolazione del sistema immunitario, quindi di patologie autoimmuni con possibile esordio in età adulta.
In questa cornice APMARR, in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute dell’Università La Sapienza di Roma, ha condotto un’indagine sulla relazione tra tali eventi avvenuti nelle fasi precoci del ciclo di vita, gestione delle emozioni, stress e vissuto di malattia in un periodo specifico dell’emergenza da COVID-19, in un gruppo di persone con diagnosi di artrite reumatoide (AR).
La ricerca è stata proposta in forma di survey online tra aprile e maggio 2021, periodo in cui vigevano limitazioni legate all’emergenza sanitaria. Le criticità per coloro che soffrono di malattie reumatiche (difficoltà nel mantenere gli appuntamenti per le visite, nel comunicare con i medici, nell’avere informazioni corrette o nel reperire i farmaci), sono state più volte segnalate dalle associazioni di pazienti.
L’indagine è stata rivolta a donne di età compresa tra i 18 e i 60 anni con diagnosi di AR, prevedendo la compilazione, previo consenso informato, dei seguenti questionari:
- Adverse Childhood Experiences (Felitti, et al., 1998), che valuta la presenza di eventi difficili e dolorosi in età evolutiva: abusi, maltrattamenti, violenza assistita;
- 20-Item Toronto Alexithymia Scale (Bagby, Parker & Taylor, 1994; Bressi et al., 1998), che valuta la capacità delle persone di comprendere le proprie emozioni, descriverle agli altri ed avere uno stile di pensiero e linguaggio orientato verso i propri vissuti e sentimenti.
- Perceived Stress Scale (Cohen, Kamarck & Mermelstein, 1983), che valuta il livello di stress soggettivamente percepito.
- Domande riguardo alla percezione del proprio stato di salute negli ultimi due anni, alle caratteristiche sociodemografiche e relative all’esperienza della pandemia (contatto diretto con casi accertati di Covid-19, eventuale contagio o ricovero, o parenti deceduti a causa del virus).
Hanno risposto ai questionari 137 donne (età media di 50,76 anni) tutte residenti in Italia, le quali hanno dichiarato di aver ricevuto la diagnosi di artrite reumatoide mediamente da 12 anni.
I risultati hanno confermato l’ipotesi della relazione tra esperienze dolorose infantili e percezione di un peggior stato di salute relativa all’ultimo anno. Le persone che hanno riportato esperienze di trascuratezza sia fisica che emotiva (neglect) hanno riferito uno stato di salute peggiore e una maggiore quota di stress. Nonostante il neglect sia la forma più diffusa di maltrattamento sui minori, i suoi correlati e le sue conseguenze sono spesso poco visibili, per cui è frequente che esse non giungano all’attenzione clinica, impattando invece in maniera importante sulla gestione delle emozioni e dello stress psicofisico anche in età adulta, creando difficoltà nell’utilizzare le relazioni sociali come fonti di supporto.
Proprio riguardo alle emozioni, le persone con maggiore difficoltà nell’identificare ed esprimere i propri vissuti affettivi hanno riferito maggiori livelli di stress ed uno stato di salute peggiore. Inoltre, la difficoltà a identificare i sentimenti e lo stress percepito sono risultati associati alla maggiore assunzione di psicofarmaci. Il dato suggerisce che una buona capacità di pensare e descrivere i propri affetti svolga una funzione di protezione nei confronti degli stressors, fornendo una risorsa anche nella gestione della malattia.
Un dato interessante è che all’aumentare dell’età anagrafica si percepisce uno stato peggiore di salute, mentre all’aumentare del tempo trascorso dalla diagnosi sembra esserci una percezione migliore della propria salute. Possiamo ipotizzare che nel tempo si acquisisca una maggiore competenza nella gestione individuale della malattia, rispondendo secondo le caratteristiche di ogni specifico quadro sia in termini clinici che emozionali.
35 persone su 137 (25,5%) hanno riferito anche una diagnosi di fibromialgia: questo sottogruppo si differenzia per una maggiore difficoltà a identificare i sentimenti, un maggiore livello di stress percepito e un maggior numero di eventi avversi vissuti in età evolutiva.
Nonostante i dati siano self-report e non includano parametri medici, e il campione sia relativamente piccolo, la ricerca conferma la necessità di riflettere sul legame tra esperienze avverse infantili e salute fisica e mentale a lungo termine; rapporto che diviene ancora più importante, e impattante, in periodi di esposizione a condizioni di forte stress prolungato, come quello in cui sono stati raccolti i dati.
Tale cornice teorica (Trauma-Informed care), integrando le attuali conoscenze sulle diverse forme di trauma e considerando con attenzione le storie di vita delle persone e le eventuali esperienze avverse precoci, fornisce una chiave di lettura della complessità delle patologie reumatiche croniche, rendendo possibili interventi che trattino questi aspetti in modo accurato ed efficace.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Psychology, Health & Medicine” (Di Trani et al., 2023); gli autori sono: Michela Di Trani, Carla Metallo, Alessia Renzi, Rachele Mariani, Alessandra Rosabianca, Andrea Tomasini, Antonella Celano. L’articolo originale con i riferimenti alla letteratura scientifica si trova in https://www.tandfonline.com (doi/full/10.1080/13548506.2023.2229243).
Ringraziamo tutti i partecipanti per il prezioso contributo!
di Carla Metallo*
* Dipartimento di Psicologia Dinamica, Clinica e Salute, Università ‘La Sapienza’, Roma.