Morfologie n.42 – VOLONTARIATO – COME ‘MISURARE’ IL VALORE DEL VOLONTARIATO

Il valore sociale del volontariato è dato da quell’insieme di caratteristiche che il volontariato possiede e che lo distinguono dagli attori profit e istituzionali.

di Italia Agresta

 

Quando si parla di volontariato si pensa sempre a persone che donano gratuitamente il proprio tempo, le proprie competenze, senza ricavarne niente a livello economico, per il gusto di aiutare e sentirsi appagati.

Collaboro da 12 anni con APMARR ed ho notato che si considera l’associazionismo come qualcosa che c’è senza capirne il valore, non considerando aspetti fondamentale dell’agire nel sociale, dei servizi prestati, del valore economico rilevante nella società. Tutto questo per gli associati o per le persone che sono a contatto con APMARR non viene compreso, ecco perché oggi spiegheremo brevemente l’impatto sociale che le ETS producono.

Il volontario è una persona – sempre disponibile e sorridente – che pone al servizio di una causa tre elementi importanti: tempo, professionalità, elementi immateriali (passione, sensibilità verso il prossimo, etc). Utilizza questi ingredienti mettendoli al servizio degli altri generando VALORE SOCIALE.

Come dice il prof. Andrea Volterrani, mio docente nel percorso FQTS, “il valore sociale del volontariato si configura come quell’insieme di caratteristiche che il volontariato possiede e che lo distinguono dagli attori profit e istituzionali”.

Il volontario risponde ad una precisa esigenza, diventando un produttore di servizi, di beni il cui valore economico è sorprendente ed a volte non quantificabile. Vi chiederete perché misurare il volontariato?

Per avere dati, perché fino a pochi anni fa non vi erano informazioni sulla portata, sull’ammontare, sulla distribuzione e sul valore economico del lavoro volontario.

La valutazione economica dell’azione del volontariato, viene descritta da output di beni e servizi prodotti dal lavoro non retribuito, associato ad un valore secondo le riflessioni economiche che il mercato pone sulla definizione di bene e di servizio. In parole povere quantifico il lavoro del volontario, come se dovesse percepisce un grant, per comprendere quanto vale quel lavoro.

Non sono fondamentali le valutazioni economiche con output e input sociali ed economiche, ma è importante capire i bisogni del territorio e la valutazione dell’impatto della progettazione per quantificare l’azione con strumenti e leve di competitività. Sembra complicato, ma in realtà è tutto molto semplice. Per associazioni come APMARR, prima di pensare ad un progetto o ad un’azione, viene valutato l’impatto che quell’azione potrebbe avere sul territorio, conoscendo prima i bisogni espressi ed inespressi di quel territorio stesso e delle persone che ci vivono. L’azione ed il progetto diventeranno quindi un’opportunità per ottimizzare il valore creato e permetteranno di capire come migliorare il proprio contributo nel tempo, usando questa analisi come vetrina per futuri finanziatori.

Grazie a diversi strumenti e metodologie le associazioni possono misurare gli impatti, pianificare le attività di responsabilità sociale d’impresa, analizzare il coinvolgimento degli stakeholder sull’impatto e sulla progettazione delle attività; stabilire linee strategiche di attività in base all’impatto sociale, ricordandosi sempre la mission dell’associazione.

Tutto ciò si identifica in quello che APMARR fa da anni. L’associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare ha come mission “migliorare la qualità dell’assistenza per migliorare la qualità della vita”. Partendo da questo concetto fondamentale noi volontari ci incontriamo e riflettiamo sui bisogni cercando di rispondere con progetti innovativi. Per redigere un progetto si valutano le risorse interne e le risorse esterne da ingaggiare, si quantifica economicamente la spesa da sostenere, si valutano i fondi a disposizione, si cercano nuovi sponsor o si attivano campagne di crowdfunding. Dopo la realizzazione del progetto, si raccolgono feedback, si comprende l’impatto sociale che ha provocato.

Ma come esaminare l’impatto sociale? Lo si studia grazie ad una valutazione qualitativa e quantitativa sul breve, medio e lungo periodo e degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato (LEGGE 6 giugno 2016, n. 106).

Bisogna avere chiari gli obiettivi, definendo la comunità (in questo caso noi pazienti e i caregiver), individuando indicatori validi, attendibili e sensibili, Questi ultimi, KPI sono indicatori di performace misurabili che dimostrano l’efficacia per raggiungere gli obiettivi. Sono elementi del piano strategico che esprimono ciò che si vuole raggiungere ed entro quale periodo di tempo.

Tutto ciò permette di completare ed ottimizzare il Bilancio Sociale. Si tratta di uno strumento di marketing per le organizzazioni non profit, utile per comunicare gli impegni assunti, le scelte effettuate, l’uso delle risorse, i risultati conseguiti, gli effetti sociali prodotti nell’ambito di un dialogo (istituzioni ed associazione, associazione ed associazione) e i propri stakeholder (politici, famiglie, istituzioni regionali e nazionali, ecc.), finalizzato al miglioramento delle performance. Il Bilancio Sociale valuta i risultati dell’attività non solo dal punto di vista economico-finanziario, ma spiega ed informa sulle strategie ed i comportamenti adottati dall’associazione per raggiungere le finalità statutarie, sui risultati raggiunti e sull’eventuale ricaduta benefica per la collettività in generale.

Il Bilancio Sociale deve essere rilevante, completo, trasparente, chiaro ed attendibile. Permette l’autovalutazione dell’efficienza, manifesta un senso di appartenenza, distingue ed esplicita la reputazione e l’identità, rendiconta il peso economico con le istituzioni, permette di individuare stakeholders chiave, crea consapevolezza.