di Cristina Saja
Affinché il Legislatore possa rispondere e agevolare, in maniera concreta, una persona che vive con una disabilità, è necessario aprire un dialogo con le Associazioni. Non c’è natura più intima del diritto che quella di rispondere fattivamente alle esigenze della popolazione civile. In un certo qual modo, la L. 104/92 ha aperto una finestra sul cielo del mondo a disabili, disabili gravi e malati rari; ma trent’anni di staticità sarebbero troppi per chiunque. Figuriamoci per chi deve adattarsi ad un mondo sempre più complicato e difforme alle proprie esigenze.
Al momento, sono previste diverse agevolazioni per le persone con disabilità e i loro caregiver. In particolare: sul lavoro, i destinatari della L. 104/92 possono usufruire di 3 giorni di permesso mensile, anche il caregiver parente o affine, entro il terzo grado di parentela. Se si tratta di bimbo con disabilità sotto i tre anni, i genitori possono estendere in maniera facoltativa l’astensione dal lavoro. I diversamente abili possono anche usufruire di agevolazioni fiscali, quali: riconoscimento delle spese sanitarie, quali oneri deducibili; applicare l’IVA al 4% per l’acquisto di protesi, sussidi e strumenti tecnologici e per l’acquisto e la trasformazione di veicoli; esenzione della tassa sulla telefonia mobile e del bollo auto; detrazione in misura del 19% per l’acquisto di beni dei soggetti con disabilità. Tra le tutele, anche il diritto allo studio, che costituisce uno strumento importante per favorire l’integrazione sociale tramite l’assistenza scolastica da parte di personale qualificato. La scuola deve cioè prevedere idonee dotazioni didattiche e tecniche, che possano garantire al minore il diritto allo studio e sono obbligate ad elaborare uno specifico profilo in collaborazione con l’Azienda Sanitaria, gli insegnanti e la famiglia del discente. Per essere davvero ‘agevolazioni’, però hanno bisogno di essere riviste e adeguate al cambiamento sociale e alla ricerca scientifica, capace di scandagliare nuove forme di disabilità e nuove patologie, anche rare e invalidanti, che non possono essere trascurate, perché significherebbe creare nuove sacche di emarginazione.