Il professor Paolo Tranquilli Leali, presidente della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT), intervistato in esclusiva per Morfologie, parla della sua visione di presa in carico ‘olistica’ della persona che si nasconde dietro il ‘paziente’ e spiega perché l’ortopedia è una delle discipline più high tech di tutta la medicina.
di Maria Rita Montebelli
Che il professor Tranquilli Leali sia una persona di grande umanità, lo rivela anche l’iniziativa appena intrapresa dalla Siot a favore dei profughi dell’Ucraina, d’intesa con la sua Commissione per la cooperazione internazionale e con la fondazione FEMOR (Fondazione per Educazione & Management in Ortopedia). Questo progetto è volto a facilitare l’accoglienza dei rifugiati in un certo numero di strutture ortopediche e traumatologiche del nostro Paese; i profughi spesso necessitano di trattamento immediato e indifferibile e questa iniziativa offre loro un immediato riferimento cui affidarsi.
Ma questo non significa naturalmente dimenticarsi dei pazienti italiani e delle liste d’attesa nazionali per i ricoveri d’elezione, ‘allungate’ sensibilmente dal Covid. “Tra le varie specialità chirurgiche – ammette il professor Tranquilli Leali – l’ortopedia è quella maggiormente colpita da questi ritardi. Siamo una società che invecchia; solo di protesi d’anca, spalla, ginocchio e caviglia ne mettevamo più di 220 mila l’anno, fino al 2019; negli anni del Covid siamo riusciti a stento a metterne 150 mila. Siamo indietro di almeno 70 mila interventi di questo tipo e facciamo difficoltà a recuperarli, visti anche i ritmi ridotti; le nostre sale operatorie ancora oggi patiscono le problematiche legate ai tempi di sanificazione, ai picchi improvvisi di Covid. Insomma siamo ancora ben lontani dai ritmi pieni dell’epoca pre-Covid. Abbiamo messo in atto una strategia di stratificazione delle liste d’attesa, già presentata anche in audizione al Senato e che, in collaborazione con Agenas ci sta portando anche ad uno studio clinico-statistico che verrà a breve pubblicato, sui nostri suggerimenti per migliorare la situazione, riducendo i tempi di ricovero per ottimizzare le nostre risorse”.
Come presidente SIOT come vede l’alleanza e la collaborazione con associazioni pazienti come APMARR e che ruolo vede per il futuro di questa collaborazione?
“Vedo appunto il ‘futuro’, nel senso che io sono l’uomo dei tavoli di lavoro. Stiamo in questo senso portando avanti un percorso condiviso con reumatologi, fisiatri, radiologi, per riuscire ad indirizzare il paziente con un problema, ad esempio al ginocchio, allo specialista ‘giusto’. Ma tutto ciò non può funzionare senza coinvolgere ‘l’altra metà della luna’, il paziente e le associazioni che lo rappresentano. Nel mio approccio cosiddetto ‘olistico’ intendevo appunto anche questo: la medicina deve fare un grande balzo, che apparentemente sembra piccolo ed è invece enorme, trasformandosi da multidisciplinare a ‘interdisciplinare’. E tra gli attori dell’interdisciplinarietà non c’è il super specialista, ma anche il paziente, che è il cardine attorno al quale ruota tutto il costrutto. Vogliamo insomma adottare un approccio che tenga conto di tutte le diversità di patologia, di genere, sociali e culturali. Solo a quel punto riusciremo a realizzare un approccio veramente personalizzato, che è il sogno di tutti noi che guardiamo al futuro nella medicina del terzo millennio”.
Qual è il rapporto tra ortopedia e innovazione?
“L’ortopedia è la società chirurgica a più alto tasso di innovazione tecnologica; utilizziamo molti biomateriali (cioè materiali derivati dalla ricerca metallurgica e dei polimeri), materiali intelligenti, materiali biomimetici. Dunque l’evoluzione tecnologica è costantemente presente nel nostro dominio professionale. Il Covid inoltre ha dato, come per tutte le specialità, un enorme impulso nell’accelerare la ‘virtualizzazione’. Siamo stati costretti a vivere in un mondo virtuale fatto di lezioni online e smart-working; in questa ottica, anche l’ortopedia è stata partecipe e, in molti casi, alfiere dell’innovazione tecnologica nella gestione digitale del paziente e dei dati del paziente.
Per quanto riguarda poi la robotica, noi l’abbiamo cominciata ad utilizzare da almeno vent’anni e la stiamo portando avanti sempre di più. È importante tuttavia sottolineare che la robotica non fa l’intervento al posto del chirurgo; si tratta di ausili che ci consentono una maggior precisione e una maggior ripetitività dell’atto chirurgico. Accanto a questo abbiamo le nuove tecnologie di analisi radiografiche, le TAC ad alta risoluzione, le cosiddette ‘combine’-tomografie che ci consentono di avere delle ricostruzioni del tessuto scheletrico con precisione nell’ordine dei nanometri. Quindi, anche la copia di segmenti da sostituire o l’adattamento di protesi artificiali personalizzate avviene con una modalità di sempre maggior precisione ed affidabilità”.
E quali sono le nuove frontiere dell’ortopedia?
“Sono tantissime, ma tutto si può condensare in un’unica parola: ritornare all’olistico, ad un approccio al paziente univoco, unitario. Passato il periodo della ‘frammentazione’ super specialistica, oggi siamo tornati a renderci conto che il ‘dettaglio’, se non è inserito nell’insieme olistico del paziente, non ha senso. Solo così riusciamo a fare una medicina davvero personalizzata. Stiamo inoltre lavorando come Siot, insieme ad Agenas e Istituto Superiore di Sanità, alla definizione di un percorso per il paziente ortopedico che viene preso in carico prima dell’intervento, istruito, coccolato durante il ricovero e quindi monitorato nel seguito. Ritengo che questo debba essere il futuro della cosiddetta medicina di prossimità”.
Come trovare lo specialista giusto per i propri problemi?
Dove il paziente può trovare informazioni?
“Come SIOT abbiamo cominciato a dare informazioni da qualche anno. Non daremo mai un indirizzo preciso, ma possiamo garantire che nelle nostre strutture di riferimento regionale, sia ospedaliere che universitarie, vi sono tutte le competenze necessarie a risolvere la maggior parte dei problemi; per le patologie di nicchia, possiamo indirizzare i pazienti verso i cosiddetti centri di eccellenza. Chi ha necessità di informazioni, può scriverci alla nostra mail ortopedico@siot.it. Sul nostro sito stiamo inoltre sviluppando una parte dedicata proprio ai pazienti, dove speriamo di riuscire a mettere un’enciclopedia delle domande più frequenti (FAQ), per dare risposta ai quesiti più comuni”.