Morfologie n.39 – VISSI D’ARTE – L’oro di Klimt inonda Roma di sublime di Maria Rita Montebelli

Klimt era innamorato dell’Italia, e molto, come testimoniano le tante cartoline inviate, quasi ogni giorno, durante i suoi viaggi a Emilie Flöge a Vienna, da città come Trieste, Venezia, Firenze, Pisa, Roma e i paesaggi rubati al lago di Garda e trasportati su tela. Ma a lasciare un’impronta indelebile sul suo stile fu l’oro dei mosaici bizantini, che Klimt ebbe modo di ammirare a Ravenna (“…a Ravenna tante povere cose – i mosaici di uno splendore inaudito”). Oro dai mille riflessi, antichi o fin de siècle, quelli che illuminano come il sole alcune delle sue tele più famose.

Come l’iconica ‘Giuditta’, che si staglia fatale e sfavillante dal suo sfondo dorato, star indiscussa della mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia”, in corso al Museo di Roma a Palazzo Braschi (Roma) fino al 27 marzo 2022. Meravigliosi anche i dipinti saturi di colore, quei ritratti di donne bellissime, che Klimt il tombeur de femme sembra accarezzare con lo sguardo. Donne altere e affascinanti, vestite di preziosi fruscii di seta, come Johanna Staude col suo vestito di foglie, verde come i suoi occhi e fluttuante come i suoi pensieri. O ‘La sposa’ un’opera conturbante, onirica, realizzata ad un passo da quell’ictus che gli avrebbe strappato per sempre i pennelli di mano all’età di appena 55 anni.

E anche l’intelligenza artificiale, nella declinazione del machine learning, dà il suo contributo all’arte raffinatissima del grande artista viennese. Grazie alla collaborazione tra Google Arts & Culture Lab Team (la piattaforma di Google dedicata alle arti) e il Belvedere di Vienna è stato infatti possibile far rinascere come un’araba fenice dalle ceneri i cosiddetti Quadri delle Facoltà (la Medicina, La Giurisprudenza e La Filosofia), tre allegorie realizzate da Klimt per l’aula magna dell’Università di Vienna e all’epoca rifiutate in quanto ritenute scandalose. Di queste opere, bruciate nell’incendio al castello di Immerndorf (Austria) nel 1945, restava solo il ricordo sbiadito di fotografie in bianco e nero e di immagini di giornali.

Ma la sinergia macchina-uomo, quella del dottor Franz Smola, curatore della mostra romana, nonché uno dei maggior esperti di Klimt al mondo e di Emil Wallner, programmatore creativo per Google Arts & Culture ha consentito attraverso algoritmi di machine learning di ricostruire a colori queste opere, riconsegnandole, anche se in forma virtuale, all’ammirazione dell’umanità del terzo millennio.