Morfologie n.39 – L’INTERVISTA La sfida del futuro in sanità? La Connected Care! – Intervista di Cristina Saja

È questo in estrema sintesi il pensiero di Chiara Sgarbossa, direttore dell’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, intervistata per Morfologie.

Sostenibilità e qualità in linea con i bisogni e le aspettative dei cittadini e dei pazienti cronici. È questa la sfida della sanità del futuro, sempre più orientata alla costruzione della ‘Connected Care’, ossia della sanità digitale e connessa. L’obiettivo è valorizzare e integrare i dati, così da migliorare il patient journey del cittadino. Un ecosistema che dovrà supportare e accompagnare le persone in tutte le fasi di cura, dalla prevenzione alla facilitazione all’accesso dei servizi sanitari, fino alla cura e alla gestione integrata del follow-up. Osservare e immagazzinare dati per rendere il servizio efficace e utile al paziente, anche cronico. È di questo che si occupa l’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, diretto da Chiara Sgarbossa, ingegnere gestionale. Proprio con lei abbiamo fatto il punto sulla sanità di domani. Tra i temi principali: progettazione di servizi sanitari, abilitati anche al digitale, ascolto e dialogo diretto con gli utenti, rafforzamento della governance e dei sistemi di monitoraggio per garantire uniformità di accesso e colmare gap territoriali e culturali, così da dar vita ad un nuovo modello di cure, basato su strumenti all’avanguardia.

Cos’è l’Osservatorio Sanità Digitale?

L’Osservatorio è un gruppo di ricerca all’interno del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano, che rileva il livello di diffusione della sanità digitale in Italia e ne osserva l’utilizzo da parte di medici, cittadini e pazienti, per capire quali benefici apportano ai pazienti e al Ssn, valutando – nel complesso – anche gli impatti. Lo facciamo da 15 anni per migliorare l’offerta di servizi digitali.

Prima e dopo la pandemia, cos’è cambiato?

Prima della pandemia, la telemedicina era un ambito poco diffuso, le prestazioni sanitarie da remoto venivano rimborsate dal Ssn soltanto in alcuni casi o nell’ambito di specifiche sperimentazioni. Con l’inizio della pandemia di Covid-19, il digitale ha facilitato il dialogo tra medico-paziente, grazie alla televisita non solo dei pazienti Covid, ma anche di tutti gli altri, cronici compresi. Così, l’Istituto Superiore di Sanità ha sancito come erogare questo tipo di prestazioni e le Regioni hanno definito delibere tariffarie su prestazioni da remoto, considerate alla pari di quelle in presenza. Il 17 dicembre 2020 la Conferenza Stato – Regioni ha approvato le indicazioni nazionali sulla telemedicina, definendo e regolando televisite, teleconsulti, teleconsulenze, teleassistenze, ecc. L’emergenza ha rivelato anche le criticità di un servizio sanitario non pronto alla telemedicina: sono stati infatti utilizzati strumenti alternativi e non pensati allo scopo (whatsapp, Zoom, ecc.). Ma già negli ultimi mesi, molte strutture sanitarie e Regioni hanno implementato vere e proprie piattaforme di telemedicina per consentire anche lo scambio di dati e informazioni tra pazienti e operatori sanitari. La direzione futura è quella delineata dallo stesso PNRR, cioè l’utilizzo di piattaforme di telemedicina a supporto della revisione dell’organizzazione delle cure sul territorio.

 

Qual è stata la risposta?

Certamente c’è stato un cambiamento culturale. Per diversi motivi – non solo legati alla salute – moltissimi cittadini si sono dovuti convertire alla tecnologia, superando pregiudizi e riluttanza anche nelle attività di tipo sanitario. La telemedicina non deve essere pensata come sostitutiva di un percorso di cura e assistenza al paziente, ma integrativa. Un esempio è il telemonitoraggio, grazie al quale i pazienti con patologie croniche si sentono più sicuri e seguiti dal proprio medico. Si tratta di un’opportunità in più per il paziente, che però non deve rappresentare un peso o un ostacolo per coloro che non sono abituati a utilizzare il digitale, come ad esempio gli anziani. Resta il fatto che caregiver e strumenti digitali facilmente usabili dalle diverse categorie di pazienti, fanno la differenza. L’altro grande cambiamento è legato al PNRR, che ha tra le priorità di azione proprio il rafforzamento della medicina sul territorio, attraverso la telemedicina. Sono già in corso alcune azioni a livello centrale e regionale per la revisione dei modelli di presa in carico dei pazienti sul territorio e per lo sviluppo di piattaforme di telemedicina per la cura e l’assistenza dei pazienti, anche attraverso una maggiore capillarità di servizi digitali sul territorio.

 

NOTA TESTO:

“La connected care è un percorso certamente ancora all’inizio, che ha subito un’accelerazione con la pandemia e ha rivelato quanto preziosi possano essere gli strumenti digitali. Adesso occorre definire un nuovo modello di cure basato anche sull’innovazione digitale”.