Morfologie n.38 – L’INTERVISTA – Aderenza: un problema da risolvere di Elena Pescucci

L’aderenza al trattamento è altrettanto importante della diagnosi precoce; ma in Italia meno di un paziente con malattie reumatiche su 3 è perfettamente ‘aderente’. I rischi, in un’intervista alla dottoressa Alessia Musto

 Intervista di Elena Pescucci

 

In Italia solo il 31% dei pazienti con malattie reumatiche aderisce correttamente alla terapia prescritta loro dallo specialista. E in Europa, tra il 30% e l’80% delle persone affette da patologie reumatologiche, non segue le prescrizioni terapeutiche raccomandate. “L’aderenza terapeutica è un tema chiave che sta molto a cuore sia agli specialisti che ai pazienti – spiega la Dott.ssa Alessia Musto, dirigente medico di primo livello in medicina interna presso l’Ospedale Antonio Perrino di Brindisi. Occorre pertanto insistere su questo tema perché nelle patologie reumatologiche l’aderenza terapeutica è importante tanto quanto la diagnosi precoce. La mancata aderenza alla terapia influenza sia la terapia stessa che gli interventi non farmacologici e l’ottemperanza alle visite programmate di follow-up; tutto ciò si associa ad outcome peggiori, a un incremento del rischio di malattie cardiovascolari, alla riduzione della funzione fisica con una perdita della qualità della vita legata allo stato di salute. È dunque essenziale il ricorso a strategie per la riduzione della non-aderenza terapeutica al fine di raggiungere un outcome ottimale. Per questo motivo con APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare abbiamo deciso di promuovere un progetto sull’aderenza terapeutica per il quale ho curato, in prima persona, la realizzazione dei contenuti di un booklet e di alcuni brevi video informativi”.

 

Qual è lo stato dell’arte dell’aderenza terapeutica nelle patologie reumatologiche a livello nazionale e internazionale?

In Italia ben sette pazienti su dieci non beneficiano degli indubbi vantaggi delle cure e solo il 31% dei pazienti affetti da una malattia reumatica aderisce correttamente alla terapia prescritta loro dallo specialista. Tuttavia il problema dell’aderenza terapeutica non interessa solo l’Italia ma tutta l’Europa. Di recente l’EULAR – European League Against Rheumatism ha stilato delle raccomandazioni circa i punti principali da considerare per la prevenzione, lo screening, la valutazione e la gestione nella pratica clinica di pazienti affetti da patologie reumatologiche. Dal documento EULAR emerge come in Europa una proporzione di pazienti affetti da patologie reumatologiche compresa tra il 30% e l’80%, non segua le prescrizioni terapeutiche raccomandate.

 

Quali potrebbero essere gli strumenti più efficaci per migliorare l’aderenza terapeutica nei pazienti con malattie reumatiche?

Per poter combattere in maniera decisa e concreta la non-aderenza terapeutica occorre considerare il paziente come il principale attore nella gestione del problema: niente può essere fatto senza l’aiuto di colui che concorda o meno sulla necessità di seguire i trattamenti o gli esercizi fisici prescritti. Per arrivare a questo risultato, è necessario dunque instaurare con il paziente una comunicazione efficace e far diventare realtà il processo di condivisione della cura. Al momento però anche nelle recenti raccomandazioni dell’EULAR non sono stati specificati gli interventi o la direzione da intraprendere per migliorare l’aderenza alla terapia. Sebbene manchino delle raccomandazioni generali, un gran numero di studi scientifici internazionali ha testato vari interventi mirati alla risoluzione della mancata aderenza terapeutica tra cui troviamo: la somministrazione ai pazienti di questionari per lo screening e la valutazione; la fornitura di un accesso equo e coordinato al trattamento attraverso, ad esempio, la flessibilità nella programmazione o l’integrazione dei pazienti in una scelta terapeutica condivisa medico-paziente (ad es. desiderio di gravidanza, piuttosto che difficoltà nell’eseguire iniezioni intramuscolo o sottocute, reflusso gastroesofageo ecc), in modo da tracciare un vero e proprio “percorso terapeutico” in cui il paziente possa sentirsi accolto, considerato e ascoltato; la stratificazione e l’individualizzazione degli interventi in base alle esigenze e alle preferenze dei pazienti, compresi fattori psicosociali; lo sviluppo di sistemi informatici per ricordare ai pazienti gli appuntamenti e l’assunzione dei farmaci e l’opportunità di entrare in contatto con gli altri individui con condizioni di salute simili.

 

DIDA TESTI: In Italia, solo il 31% delle persone con malattie reumatiche aderisce correttamente alla terapia prescritta loro dallo specialista.