Morfologie n.38 – IL CONGRESSO Spondiloartriti: tutte le novità dal congresso internazionale di Gent (Belgio)

Inviato d’eccezione per Morfologie, la professoressa Maria Antonietta D’Agostino

Il congresso sulle spondiloartriti di Gent, che si è tenuto lo scorso settembre, è diventato ormai nel corso delle sue 12 edizioni, uno dei più importanti del settore del campo. A raccontarci le novità di quest’anno è la professoressa Maria Antonietta D’agostino, Ordinario di Reumatologia dell’Università Cattolica, campus di Roma e Direttore della UOC di Reumatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

Le tante strade dell’infiammazione: dal fegato e dal polmone alla spondiloartrite

“La cosa interessante e unica di questo congresso – afferma la professoressa D’Agostino – è il fatto che raggruppa specialisti ed esperti di tante discipline, esperti di ricerca di base che hanno scoperto o sviluppato alcuni aspetti che possono esser utilizzati anche nell’ambito delle spondiloartriti”. Al centro dell’attenzione della comunità scientifica internazionale, quest’anno è stato il ruolo dei macrofagi e dei fibroblasti nei processi infiammatori di riparazione, grazie allo studio della “single cell biology”. Il professor Guillams, Belgio ha portato come esempio la plasticità dei macrofagi residenti a livello epatico, e il loro ruolo nella riparazione dell’infiammazione che quando è cronica si conclude normalmente con un processo di fibrosi. Il processo di riparazione fibrotica è anche una delle caratteristiche della spondiloartrite, dato che precede l’ossificazione. Studiare come i macrofagi intervengono in questo processo riparativo può aprire nuove strade per capire come mai in alcune forme di spondiloartrite osserviamo le sequenze infiammazione, fibrosi e ossificazione e in altre forme no. Sempre in tema di infiammazione, il professor Lambrecht, Olanda, ha parlato del ruolo dei neutrofili, nelle fasi iniziali dell’infiammazione immuno-mediata e di come alcune proteine “cristallizzate” siano un marker dei meccanismi di risposta infiammatoria innata possano contribuire a cronicizzare e esacerbare la risposta infiammatoria. Le sue ricerche vertono soprattutto sull’asma; in questo contesto ha scoperto
il ruolo di questa proteina cristallizzata che sembra essere implicata in una forma grave di asma, caratterizzata dalla presenza di abbondante muco, che determina l’ostruzione bronchiale. All’interno di questo muco sono stati individuati appunto questi cristalli, prodotti dalle cellule bronchiali (rappresentano uno dei meccanismi di riparazione in caso di infiammazione) e che inducono la formazione di un muco molto denso, che non risponde alle tipiche terapie anti-asma. Cristalli analoghi sono stati riscontrati anche nei processi di ossificazione tipici della spondiloartrite, come mostrato dal professor Herrmann, Germania.

“Un altro filone di ricerca – prosegue la professoressa D’Agostino – riguarda il ruolo del microbiota nell’infiammazione della malattia di Crohn, come anche nelle spondiloartriti”. Nel corso del congresso sono state illustrate le caratteristiche di una metodologia volta ad utilizzare l’alimentazione come ‘terapia’ per controllare l’infiammazione nelle spondiloartriti. Gli alimenti da evitare sono quelli processati (es. gli insaccati), perché stimolano l’infiammazione e agiscono distruggendo le proteine che tengono ‘incollate’ le cellule di rivestimento intestinale tra di loro, determinando così la perdita della barriera intestinale. Questi autori stanno valutando se la dieta mediterranea sia invece in grado di proteggere dall’infiammazione.

“Durante il congresso – afferma la professoressa D’Agostino – abbiamo presentato il primo studio internazionale multicentrico nel quale abbiamo utilizzato l’ecografia articolare per dimostrare la risposta del tessuto sinoviale e delle entesi nei pazienti con artrite psoriasica, trattati con secukinumab (il lavoro è stato pubblicato anche su Rheumatology). L’ecografia si è rivelata uno strumento estremamente valido perché già dopo una settimana dall’inizio del trattamento ha reso possibile distinguere i pazienti che erano trattai con il farmaco da quelli che prendevano il placebo. Lo studio completo su 52 settimane sarà presentato a breve al congresso dell’American College of Rheumatology”.

Sempre in ambito diagnostico, un altro studio ha dimostrato che la TAC può essere utilizzata per studiare “l’infiammazione” dell’osso, nei pazienti che non possono essere sottoposti a risonanza magnetica (perché portatori di pacemaker o altro). La nuova tecnica si chiama ‘TC bone’ e riesce a mettere in evidenza, grazie all’uso della dual energy, l’infiammazione dell’osso che normalmente non è visibile alla TAC, neppure se effettuata con mezzo di contrasto. L’impiego della dual energy in abbinamento alla TAC lo rende invece possibile. Utilizzando questa tecnica innovativa, la densità dell’osso appare differente in base alla presenza o meno di edema, cioè di infiammazione. All’estremo opposto, la risonanza magnetica (‘bone RMN’) può essere utilizzata come se fosse una TAC, per fare diagnosi di spondilite anchilosante, andando a prendere solo le sequenze che consentono di studiare il profilo osseo e quindi di cogliere le irregolarità della corticale ossea come le erosioni e l’anchilosi delle articolazioni sacro-iliache, che permettono di classificare rapidamente i pazienti come affetti da spondilite anchilosante.

Il congresso ci ha mostrato come la ricerca di base ma anche clinica sia sempre più importante per una presa in carico globale del paziente con spondiloartrite e come i contatti tra le differenti discipline ci permettano di capire meglio i meccanismi patologici alla base dell’infiammazione e del processo di riparazione.

 

 

DIDA TESTO: L’ecografia articolare è rivelata uno strumento estremamente valido perché già dopo una settimana dall’inizio del trattamento evidenzia le differenze tra i pazienti trattati con il farmaco da quelli che prendono il placebo”.