Roberto Gerli, Professore ordinario di Reumatologia dell’Università di Perugia, dallo scorso novembre è il nuovo Presidente della Società Italiana di Reumatologia. “Obiettivo primario – si legge nel suo programma per il biennio – è promuovere la ricerca su tutto il territorio nazionale per migliorare l’assistenza ai nostri pazienti. La SIR sarà una società sempre più aperta anche alle altre associazioni mediche nazionali ed internazionali e ai rappresentanti dei pazienti e ai cittadini”. Lo abbiamo intervistato per Morfologie.
Presidente, come impronterà il suo biennio di presidenza da un punto di vista scientifico e di collaborazione con associazioni pazienti?
Mi inserisco in una progettualità di continuità che viene dagli anni passati. Nel mio programma ho chiaramente esplicitato che tutte le attività di SIR, come Società Scientifica, hanno un target ben preciso che è il paziente. Quindi tutte le nostre attività sono orientate verso esso. In particolare ad esempio, credo che la SIR sia l’unica società scientifica italiana che ogni anno supporta economicamente un posto da ricercatore e un posto di dirigente medico ospedaliero full-time per 3 anni per andare incontro alle necessità di strutture carenti. Anche in questo caso il tutto è finalizzato ad un’azione mirata al paziente, dal momento che se miglioriamo l’assistenza, a trarne vantaggio saranno i pazienti stessi.
Che rapporti ha la SIR con le Associazioni Pazienti di settore?
Le associazioni pazienti per noi sono fondamentali; visto che il nostro target è il paziente, per noi è fondamentale ascoltare e recepire le istanze di tutte le associazioni. Sotto la presidenza Sinigaglia (il Presidente SIR per il biennio 2018-2020, n.d.r.), si è deciso di far eleggere alle associazioni dei rappresentanti, che fungano sia da coordinamento tra le associazioni, che da trait d’union tra le associazioni e la SIR. E’ importante essere uniti e far fare fronte comune con i nostri interlocutori privilegiati, che siano politici o amministrativi, evitando di presentarci da loro in ordine sparso, perché questo potrebbe non fare gli interessi del paziente reumatologico. Ovviamente ogni associazione deve continuare ad avere una propria autonomia, prendere iniziative o cercare visibilità in vario modo. A breve, intendo organizzare un incontro con tutti i rappresentanti delle associazioni che sono accreditate presso SIR.
Quali iniziative state portando avanti con le Associazioni Pazienti?
Tra le varie iniziative che stiamo portando avanti c’è la SIR TV che, per la parte tecnica, è supportata da Intermedia, la nostra agenzia di comunicazione. Per rendere più ‘viva’ questa iniziativa, abbiamo deciso di proporre dei talk show; nell’ultima edizione, dedicata ai vaccini, il past president Sinigaglia ed io, abbiamo chiesto a tutte le Associazioni di partecipare con un loro rappresentante. E questa formula è stata molto apprezzata.
Uno degli hot topic del momento è proprio quello dei vaccini per le persone con malattie reumatiche. Come vi ponete a questo riguardo come SIR?
Come presidente SIR ho inviato delle lettere al Ministro Speranza, al professor Rezza e ai Rappresentanti di Camera e Senato delle Commissioni Sanità, per offrire loro la nostra collaborazione come società scientifica. Il Ministero della Salute, nell’ambito del Piano Vaccini anti-Covid-19 ha emanato un documento sulle Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti SARS CoV-2/COVID-19 nel quale si parla di ‘malattie autoimmuni’ e di ‘immunodeficienza secondaria a terapia’. Abbiamo chiesto loro chiarimenti su quest’ultimo punto. È infatti chiaro a cosa ci si riferisca, parlando di pazienti ‘estremamente vulnerabili’, nel caso di pazienti con malattie autoimmuni (es. una sclerodermia) con grave interessamento polmonare. Ma sotto la definizione di pazienti ‘affetti da una patologia autoimmune’, rientrano patologie con diversa gravità che vanno dalla tiroidite autoimmune, all’artrite reumatoide, al lupus, alle connettiviti indifferenziate; si tratta di patologie che richiedono trattamenti molto variegati tra loro, che possono dare gradi di immunosoppressione molto diversi. Riteniamo che spetti al Governo fare chiarezza su questi punti, dando criteri uniformi da applicare su tutto il territorio nazionale, senza lasciare le decisioni alle singole Regioni, come sta accadendo adesso. I pazienti reumatologici (e non solo) di tutta Italia sono confusi. È fondamentale che vi sia un input centrale, da parte del Governo. E al tavolo di lavoro, dove vengono prese queste decisioni, devono esserci esperti nelle diverse branche di patologia.
Al di là della confusione sulle categorie ‘prioritarie’, sempre nell’ambito delle persone con malattie reumatiche, ce ne sono alcune che dovrebbero evitare il vaccino anti-COVID?
Si, i pazienti in terapia con rituximab, ad esempio, possono accedere alla vaccinazione, ma con un timing ben preciso, perché gli effetti di questa terapia durano 6 mesi. Anche i pazienti in terapia con cortisone ad alte dosi vanno valutati con attenzione. È evidente che nel caso di pazienti con vasculite sistemica che rischiano il decesso se interrompono la terapia, vada effettuata una vaccinazione tarata su quel tipo di paziente. E qui entra in campo lo specialista. Al contrario, di fronte ad una ragazza giovane con connettive indifferenziata in buona salute e che non richiede alcuna terapia, il buon senso potrebbe suggerire, in questo momento in cui i vaccini scarseggiano, offrire quel vaccino in via prioritaria ad un anziano. Poi certo, l’augurio di tutti è di avere presto a disposizione un grande numero di vaccini, per poter vaccinare a tappeto tutti al più presto possibile.