Morfologie n.37 – LA LETTERA RARA NELLA RARITÀ – Rara nella rarità di Manuela Melluso

Ho 40 anni e da circa venti convivo con una misteriosa malattia muscolare della quale ho scoperto il nome solo dopo dieci anni di consulti specialistici ed indagini cliniche effettuate in varie regioni. Sono affetta da una miopatia infiammatoria, la polimiosite, che ha dato i primi segni di sé già durante l’infanzia e l’adolescenza. Riuscire ad arrivare alla diagnosi non è stato facile.

E il motivo è racchiuso in una parola: ‘rara’, cioè poco frequente, dunque poco rilevata, dunque poco conosciuta. A questo va aggiunto che tutto ciò che si conosce grazie alle indagini diagnostiche, risulta a volta di scarso aiuto nel decifrare le tante manifestazioni di quella ‘rarità’. La polimiosite insomma è una rarità nella rarità, una patologia atipica e dunque ancor meno inquadrabile con cristallina certezza. Proprio la complessità della ricerca sia di una diagnosi che di una terapia ha comportato l’inevitabile progressione dei sintomi nel tempo, fino alla deriva del quadro clinico.

Dopo una serie di tentativi terapeutici fatti in base ai protocolli studiati per le polimiositi, senza risultati significativi oppure interrotti per effetti avversi, mi sono ritrovata senza una terapia. E la debolezza, dovuta al logoramento delle fibre muscolari, che mi accompagnava già da diversi anni, è progressivamente peggiorata fino a farmi perdere l’uso delle gambe. Nel giro di qualche mese, è diventato per me impossibile anche mantenere la posizione seduta per l’indebolimento dei muscoli del collo e della schiena. Sono inoltre comparse disfagia e l’alterazione delle funzioni fisiologiche. Ridotta a pesare 45 chili per un’altezza di un metro e 70, sono riuscita pian pano a tornare alla vita grazie al coraggio e alla libertà intellettuale di una specialista in malattie neuromuscolari.

Questo medico ha saputo leggere i segni sul mio corpo, interpretandoli alla luce di quanto emerso dalle biopsie muscolari eseguite qualche anno prima. Il secondo incontro che mi ha cambiato la vita, quando mi ero trovata di nuovo sola, in mezzo a questioni burocratico-economiche che erano prevalse sulla cura della persona, è stato quello con l’Associazione APMARR. APMARR mi ha indirizzato verso un centro ospedaliero che ha trovato la terapia ‘su misura’ per me, la stessa che mi ha consentito di raggiungere i risultati attuali. Ai medici e all’APMARR va dunque tutta la mia gratitudine per aver riacceso speranza nella vita, ‘rivestendola’ quantomeno di normalità.

 

 

 

 

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