MORFOLOGIE 48 – Vissi d’arte – A Roma, una splendida mostra sul Futurismo

Preceduta (e accompagnata) da mille polemiche, in gran parte frutto di stereotipi e pregiudizi, la mostra sul Futurismo allestita alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma è una meraviglia. E sta riscuotendo enorme successo di pubblico. Anche tra i giovani e i giovanissimi.

di Maria Rita Montebelli

“La nostra opera, fresca di qualche mese, precorre di almeno cento anni la sensibilità artistica italiana”. È da queste parole, scritte da Umberto Boccioni nel 1914 (‘Pittura e sculture futuriste’) che prende le mosse la mostra “Il tempo del futurismo”, ospitata a Roma presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. Un allestimento ‘monster’ con centinaia di opere (anche da prestigiosi prestiti) che sono altrettante frecce scoccate all’inizio del ‘900 da questi artisti visionari, dalla creatività superba e irriverente che impronterà per oltre un secolo l’arte nazionale e internazionale. La mostra celebra anche l’ottantesimo della scomparsa di Filippo Tommaso Marinetti (2 dicembre 1944) che spiegava come “il futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana, avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche”. Se oggi, a travolgerci e inglobarci nelle sue spire è l’intelligenza artificiale con tutti i suoi combinati disposti, all’epoca dei futuristi erano la luce e la velocità a farla da padrone. Quella delle bellissime auto a motore (in mostra la strepitosa Maserati del 1934 di Tazio Nuvolari) o dei motoscafi che disegnavano scie ipnotiche di onde frattaliche; ma soprattutto quella degli aerei, che consentivano di vedere il mondo da una prospettiva inedita ed esclusiva. Lascia esterrefatti la riproduzione perfetta, a grandezza naturale dell’idrovolante da corsa Macchi Castoldi Mc 72, all’epoca, l’aereo più veloce del mondo. Senza dimenticare infine il cinema, capace di mettere in movimento, milioni di fotogrammi statici, ancora senza una voce.

È “la bellezza della velocità” che si fa ‘culto’ quando afferma che “L’automobile ruggente” è “più bella della Vittoria di Samotracia” (Manifesto del Futurismo, 1909). “Io prego ogni sera, la mia lampadina elettrica – scriveva Marinetti nel 1916 – poiché una velocità vi si agita furiosamente”. Un’arte quella Futurista che si fa esaltazione quando afferma “noi prepariamo la creazione dell’uomo meccanico dalle parti cambiabili. Noi lo libereremo dall’idea della morte e quindi dalla morte stessa” (Manifesto tecnico della letteratura futurista, Marinetti). Parole allora incomprensibili, se non a chi fosse animato da una visione capace di travalicare i secoli; ma oggi decisamente più accettabili, anche se, la prospettiva dell’immortalità rimane ancora una chimera (peraltro sempre più a portata di mano). “La mostra della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea – scrive il Curatore Gabriele Simongini – ha l’ambizione di contestualizzare i capolavori esposti in una sorta di ‘sociologia’ culturale, fondata soprattutto sulle innovazioni scientifiche e tecnologiche dell’epoca, che ne hanno accompagnato la creazione e senza le quali sfuggirebbe completamente il senso profondamente e radicalmente rivoluzionario del futurismo”.

E quella allestita alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea (GNAMC) di Roma, pur essendo una mostra fruibile da tutti, parla soprattutto ai giovani che, del Futurismo, ricevono in genere solo frettolosi cenni scolastici alla fine dell’ultimo anno. “E d’altronde – ricorda il Curatore – il movimento marinettiano fin dalla nascita aveva tra i suoi scopi principali quello di ‘incoraggiare tutti gli slanci temerari dell’ingegno giovanile, per preparare un’atmosfera veramente ossigenata di salute, incoraggiamento ed aiuto a tutti i giovani geniali d’Italia’ (Marinetti, Discorso di Firenze, ottobre 1919)”. Dieci le sezioni nelle quali si articola questa mostra vastissima, tra manifesti, quadri, libri, sculture, film, riviste, oggetti tecnologici. A parte, altre due sezioni tematiche dedicate al cinema e all’architettura e una sala dossier su Guglielmo Marconi. Una meraviglia. Da degustare con calma, fino in fondo.