MORFOLOGIE 48 – Malattie reumatologiche: ancora inaccettabile l’impatto sulla vita delle persone

APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare APS ETS ha promosso, in collaborazione con l’istituto di ricerca WeResearch, una ricerca per indagare gli impatti delle patologie reumatologiche sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette. E i risultati non sono confortanti. La qualità della vita e la relazione con il partner peggiorano per una persona su due, mentre oltre il 60% delle persone è costretta ad abbandonare o a ridurre i carichi di lavoro.

 

La diagnosi di una patologia reumatologica ha un impatto diretto e peggiorativo sulla qualità della vita delle persone che ne sono colpite. 7 persone su 10 (70,9%) hanno dovuto cambiare e/o modificare il proprio progetto di vita in seguito alla diagnosi, con punte dell’83,3% tra chi ha ricevuto la diagnosi prima del 2000, anno spartiacque per le cure in reumatologia grazie allo sviluppo e all’arrivo, tra le opzioni terapeutiche, dei farmaci biologici. L’ambito più interessato dal cambiamento (in senso negativo) è il lavoro (per il 71,7% degli intervistati). 6 persone su 10 (60,8%) con una patologia reumatologica sono state costrette ad abbandonare e/o a ridurre l’attività lavorativa. Un impatto negativo si registra anche per l’ambito dello sport (38,9%) e nella sfera delle relazioni affettive con il partner (32,8%). In quest’ultimo caso più della metà del campione (56,6%) dichiara di aver avuto problemi nella relazione con il partner a seguito della diagnosi, con effetti diretti anche rispetto ai rapporti sessuali con difficoltà riscontrate per oltre 3 persone su 4 (79,4%). Ma solo in un caso su 5 (17,1%) si è verificato un allontanamento dal partner. In generale, il 48,9% del campione di persone affette da una delle oltre 150 patologie reumatologiche esistenti dichiara che la qualità della vita è peggiorata dal momento della diagnosi, percentuale che sale al 53,2% nella fascia di età compresa tra i 65 e i 75 anni. Questi alcuni dei risultati dell’indagine “Vivere con una patologia reumatologica”, promossa da APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare APS ETS in collaborazione con l’istituto di ricerca WeResearch e realizzata su un campione nazionale di 1.627 persone tra persone affette da patologie reumatologiche (274), caregiver di persone con malattie reumatologiche (100) e popolazione generale non colpita da queste patologie (1.253). “In Italia – ricorda Antonella Celano, presidente APMARR – sono più di 5 milioni, quasi il 10% della popolazione nazionale, le persone affette da una patologia reumatologica, che rappresentano la seconda principale causa di disabilità in Europa, dopo le malattie cardiovascolari. La diagnosi di una patologia reumatologica, ancora troppo spesso, rappresenta una ‘sentenza’ che costringe le persone a cambiare i progetti di vita, con costi emotivi e sociali molto alti”.

Da un’analisi qualitativa delle risposte fornite dagli intervistati si scopre che, al momento della diagnosi di una malattia reumatologica, i sentimenti più diffusi sono la tristezza (49,2%), la paura (47,8%), lo smarrimento (44,9%) e l’ansia (43%). Ma anche la rabbia (39,8%) diretta contro gli stessi interessati, che si sentono in qualche modo responsabili per non essersi presi cura a sufficienza della propria persona e accanto a questi sentimenti ‘negativi’ c’è anche il senso di sollievo per aver dato finalmente un nome ai propri sintomi, fatto che ‘assolve’ queste persone dall’etichetta di ‘malato immaginario’ che troppo spesso le persone attribuiscono loro. Ansia (40,9%) e paura (37,6%) si riaffacciano anche all’avvio della terapia farmacologia (solo il 9,1% dichiara di essersi sentito tranquillo all’inizio delle cure) e nei momenti di cambiamento del trattamento, tutt’altro che infrequenti, visto che il 41,5% del campione dichiara di aver modificato il farmaco da 3 a 4 volte e il 17,9%, dalle 5 alle 6 volte. Solo il 3,4% si è dichiarato tranquillo di fronte al cambiamento della terapia farmacologica. “Come APMARR – sottolinea la Presidente Celano – siamo impegnati fin dalla nostra fondazione, avvenuta 40 anni fa, a tutelare e difendere il diritto alla salute delle persone con patologie reumatologiche e rare. La nostra mission è migliorare la qualità dell’assistenza per migliorare la qualità della vita. Una qualità della vita che, per le persone affette da una patologia reumatologica, come emerge dalla nostra indagine realizzata in occasione del 40° anniversario, è ancora fortemente penalizzata in diversi ambiti, in primis, quello lavorativo e nelle relazioni sociali. Chiediamo quindi alle Istituzioni interventi mirati con un rafforzamento del Piano Nazionale della Cronicità e un impegno costante per garantire il diritto alla salute agli oltre 5 milioni di italiani affetti da una delle oltre 150 patologie reumatologiche, affinché la diagnosi non equivalga a una ‘sentenza’, costringendo molti a cambiare i loro progetti di vita con costi emotivi, sanitari e sociali decisamente alti”. 

Nella foto in alto: Matteo Santopietro, Istituto di ricerca WeResearch, Luis Severino Martin Martin, Presidente CReI, Collegio Reumatologi Italiani; Antonella Celano, Presidente APMARR; Gian Domenico Sebastiani, Pres. SIR Società Italiana di Reumatologia e Direttore della U.O.C. di Reumatologia – Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini, Roma; Guendalina Graffigna, Professore ordinario di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza; Maria Rita Montebelli, moderatirce.

“La Società Italiana di Reumatologia – SIR ha fra i suoi obiettivi principali il miglioramento della salute del malato reumatico – afferma Gian Domenico Sebastiani, presidente della Società Italiana di Reumatologia (SIR) – Per conseguire questo ambizioso obiettivo ha messo in atto una serie di azioni sia nell’ambito dell’interlocuzione politica che in quello del miglioramento della conoscenza di queste patologie presso i decisori politici e la popolazione in generale, ottenendo importanti risultati quali ad esempio il DDL 946 volto al potenziamento dell’assistenza al malato reumatico.”

“Ci immaginavamo l’impatto negativo che una patologia reumatologica può avere sui pazienti, ma i numeri che ci fa vedere questa ricerca epidemiologica sono veramente sconvolgenti – dichiara Luis Severino Martin Martin, presidente del Collegio dei Reumatologi Italiani (CReI) – Fra tutti gli ambiti analizzati quali lavoro, sport e aspetti relazionali mi ha colpito specialmente la reazione dei pazienti quando iniziano una terapia farmacologica: soltanto uno su 10 si mostra tranquillo e questo dato si dimezza se dobbiamo prendere in considerazione ogni cambio di terapia, che purtroppo avviene spesso. Questo dato, sicuramente preoccupante, contrasta con l’entusiasmo che spesso proviamo noi sanitari quando offriamo una terapia, consapevoli che stiamo offrendo una terapia valida ed innovativa che certamente potrà migliorare la qualità della vita del paziente. È evidente – conclude Martin – che dobbiamo ancora imparare molto, noi medici, su come comunicare con i nostri pazienti, trasmettendo loro più entusiasmo e notizie rassicuranti e meno informazioni tecnico-scientifiche che potranno essere approfondite in un secondo momento.”

Le malattie reumatologiche viste dalla parte dei ‘sani’. Tra la popolazione generale non affetta da patologie reumatologiche, l’85,7% ha sentito almeno parlare di queste malattie, mentre un 15,3% non le ha mai sentite nemmeno nominare. Tuttavia, il 78,1% di chi afferma di averne sentito parlare dichiara di avere informazioni per niente o poco complete su queste malattie. Tra le principali fonti di d‘informazione sulle patologie reumatologiche ci sono il medico di famiglia (43,5%), i forum di discussione (30%) e i siti istituzionali e governativi (22,6%). Solo in un caso su 10 (10,1%) sono le associazioni di pazienti attive in ambito reumatologico a rappresentare la fonte di informazione fonti per i cittadini non affetti da queste malattie. Una scarsa conoscenza che si riflette anche sulla prevenzione: il 78,3% degli italiani non ha mai effettuato delle analisi e/o dei controlli per verificare l’eventuale presenza di una patologia reumatologica, percentuale che sale all’80,5% nella fascia d’età compresa tra 41 e 64 anni (80,5%).

“Dall’analisi dei dati emergono diversi aspetti critici – spiega Matteo Santopietro, Senior Market Researcher presso l’Istituto di ricerca WeResearch –. Le persone non affette da patologie reumatologiche dichiarano di non avere informazioni complete ed esaustive e questo si traduce in una scarsa frequenza di analisi e visite di screening per le patologie reumatologiche. Ecco perché, le campagne informative promosse dalle associazioni pazienti, come APMARR, sono fondamentali per tradurre la conoscenza delle tematiche inerenti alle patologie reumatologiche in atti concreti, per arrivare alla diagnosi precoce”.