MORFOLOGIE 48 – Il digital gender gap nella cultura del digitale in sanità

MEDICINA DI GENERE

di Italia Agresta*

L’Associazione Scientifica Sanità Digitale (ASSD), con la sua Commissione Donne, prosegue l’engagement del digitale in salute e sanità, con un focus su tre direttrici innovative: la visione globale, il confronto con la tecnologia, la questione di genere. Sono tre le linee di pensiero: l’approccio interculturale essenziale per evitare visioni escludenti; la consapevolezza di una necessaria interdisciplinarietà di pensiero, grazie al confronto con realtà applicate differenti, a partire dalle nuove tecnologie e dall’intelligenza artificiale; ma soprattutto, il riconoscimento della centralità delle questioni di genere, urgenza non solo sociale, economica e politica, ma anche culturale, necessaria per rigenerare equilibri ed equità di accessi ai sistemi di cura, ricalcolando la tecnologia declinata sul genere.

Il testo Il digital gender gap nella cultura del digitale in sanità, fa parte della collana “Le Donne Incontrano la Salute” e vuole porsi come strumento per offrire diverse modalità di lettura nella sfera del genere, ancora dai confini frastagliati, attorno ai quali vi è necessità di intercettare contesti, bisogni, interlocutrici/tori e metterli a sistema (salute). La filosofia e la cultura del digitale possono, devono evocare quel senso di certezza, di fiducia, di responsabilità, che ponga le basi per un sano confronto dialettico prima che operativo, ricordando che la prima rivoluzione è sempre di pensiero e senza un cambiamento culturale si giunge a poco e troppo lentamente.

Nel testo vengono esaminati i motivi per i quali è importante gettare uno sguardo diverso a setting comuni, piuttosto che sguardi comuni a setting diversi.

Alla ricerca di un femminile che può realizzare in scienza e digitale, secondo bisogni e necessità che appartengono a tutti, senza escludere nessuno. La cultura dell’inclusione va accompagnata in maniera capillare, circolare, secondo matrici che diano ‘ascolto’ – e non solo ‘sentire’ – alle interlocutrici, insegnando tessitura multiforme per garantire strumenti di rappresentatività nella medicina, come nel genere, nella cura, come nelle professioni.

Le certificazioni di genere ad ampio raggio sono motivo di orgoglio, sono l’atto del “Noi”, strumento per interpretare il mondo vita e salute secondo modelli filtrati dal pregiudizio che genera scelta distorta, privi di bias culturali che renderebbero, diversamente, il progresso obsoleto prima ancora del suo concretizzarsi. Unica consuetudine ammessa, l’etica. Questa commissione vuole richiamare le “Donne che fanno scienza”, impegnate nella divulgazione, per accendere la curiosità delle giovani generazioni. Una divulgazione anche attraverso le evidenze all’interno di questi scritti, per sottoscrivere autentica advocacy culturale al digitale senza gender gap, al digitale pensato per la sanità che arrivi a tutte e tutti, per la tecnologia progettata da squadre paritetiche. Dai banchi di scuola in poi. La filosofia attraversa e supera i confini, questa la vera sfida. Un testo come autoriflessione su come porsi le giuste domande per realizzare consapevolezze di intenti e bellezza culturale di azione. Ripensare il noto per rielaborare il nuovo, secondo quelle stesse discipline che hanno smosso il genere umano nel suo vivere la storia e nell’immaginare un nuovo rinascimento digitale avanzato, umanamente corretto. Grazie alla forza ancestrale associativa, grazie alle sue e ai suoi attiviste/i, nonché professioniste/i, ASSD si sente Ambassador del valoriale, di quell’accoglienza digitale che si affianca per far crescere, in pieno diritto collettivo, perché non esistono i deboli o i fragili o diversi; esistono gli stereotipi con i quali confrontarsi. Le diversità possono e devono divenire punti di incontro, non di scontro, trasformando i gap in riconoscimento di forza identitaria in quanto tale. La filosofia human centered può catalizzare distanze e convivere con tecnologia e parità; dal bisogno all’azione in consapevole advocacy 4.0, per avvicinare il mondo della sanità digitale alla realtà di chi, ogni giorno, ha un bisogno da accogliere. Di qualunque genere sia.

Il volume “ll digital gender gap nella cultura del digitale in sanità” offre una panoramica generale, una di comunicazione di esperienze specifiche; con un’ampia parte dedicata a progetti e servizi. Riunisce i contributi di quasi 80 autori.

All’interno di questo libro, APMARR ha trattato il tema Intelligenza Artificiale e la parità di genere, patrocinatore di uno sviluppo umano, sociale ed economico sostenibile per promuovere dibattito su parità di genere, formata da algoritmi e dati che offrono elementi che permettano alla comunità di individuare bias cognitivi (errori di valutazione), con l’intento di superarli e promuovere parità di genere nell’applicazione delle nuove soluzioni tecnologiche.

La Scienza contemporanea è investita da un pregiudizio di genere. Il ruolo femminile non ha ricevuto il giusto credito nelle grandi rivoluzioni scientifiche, nel lavoro, nelle idee e nella tenacia che le donne, nella conquista della conoscenza e nella sua applicazione. E questo accade anche nell’ Intelligenza Artificiale (IA): le azioni mirate per superare il Digital Gender Gap rimangono ancora non efficaci. Oggi si stima che ci vorranno ancora 134 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale, tre in più rispetto allo scorso anno.

Nonostante sia stato colmato il 68,5% del divario di genere nel mondo e il gap si sia ridotto di 0,1 punti percentuali rispetto al 2023, dovremo aspettare il 2158 per la gender parity.

A rivelarlo sono i dati del Global Gender Gap Report del World Economic Forum (Wef). La parità di genere nelle digital skill, come rilevato dai dati di Coursera, è ancora troppo bassa nei corsi di intelligenza artificiale e big data (30%), di programmazione (31%) e di reti e sicurezza informatica (31%), per andare a colmare i gap occupazionali forza lavoro.

Per esaminare il contesto nel settore dell’IA (sviluppo ed uso di algoritmi) ci rifacciamo ad azioni mirate come scritto da Darya Majidi e Federica Maria Rita Livelli e considereremo nell’analisi i 4 pilastri per il superamento del Digital Gender Gap.

Questo tipo di disegno ci permetterà di avere una narrazione dei processi per aspetti e parametri e misurarne le variazioni nel tempo.

  • Accessibilità e coinvolgimento: mira a garantire a tutti e ovunque l’accesso e a promuovere il coinvolgimento del genere femminile nella creazione di piattaforme con le quali creare servizi utili alle donne, garantendone un ruolo attivo nelle tecnologie innovative per apportare i valori, le conoscenze e le competenze femminili, in particolare nel caso dell’applicazione di soluzioni basate sull’IA.
  • Istruzione & formazione: un intervento culturale volto alla formazione delle donne a partire dalla più giovane età; le bambine vanno supportate e incoraggiate a casa e a scuola a studiare materie quali scienze tecnologiche, ingegneria e matematica e a fare esperienza di laboratorio e progetti educativi. Solo così si possono superare gli stereotipi di genere che impediscono di scegliere gli studi per la loro formazione rinunciando ad esperienze lavorative dove l’applicazione delle nuove soluzioni, basate su IA, avranno molteplici applicazioni. Vanno inoltre create occasioni di upskilling e reskilling digitali, indirizzate a donne di qualsiasi età in modo da accedere più agevolmente ai mestieri del futuro e comprendere l’uso delle tecnologie, sia in ambito lavorativo, che in quelli legati al loro essere soggetti sociali.
  • Lavoro & leadership: le donne devono essere supportate e incoraggiate ad accedere ad aziende e ruoli tech senza subire disparità salariali ed essere incluse nei percorsi di maggiore visibilità, rompendo in modo definitivo il soffitto di cristallo. Devono essere incluse nelle posizioni di leadership in tutte le istituzioni pubbliche o private creando strumenti e normative di sostegno. Nel fare questo occorre gestire correttamente i bias cognitivi in particolare nel settore dell’IA per non accrescere il Digital Gender Gap.
  • Donne, imprenditoria & investimenti: le donne devono essere supportate in tutte le azioni di imprenditoria, in particolare per quelle che richiedono competenze innovative dove i nuovi strumenti, come quelli riconducibili all’uso dell’intelligenza artificiale, possono portare vantaggi all’intero sistema Paese.

Si aprono spazi in cui la creatività, l’impegno, le scelte dell’ingegno umano possono fare la differenza, tutelando il principio di parità di genere. Ma non è semplice perché la tecnologia riflette i valori di chi la crea e la usa; così come accade nel caso dell’IA: il suo stesso motore, cioè i dati, la loro acquisizione, le relazioni fra essi, sono un diretto riflesso della società che li produce.

Secondo una ricerca dell’European institute for gender equality (EIGE) anche il settore dell’IA, per quanto concerne la parità di genere, presenta delle disparità importanti, che sono in parte anche correlate ai dati sulla parità di genere nell’ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). I fattori sono molteplici a iniziare dalla creazione dei set di dati su cui si ha la fase di apprendimento.

A causa del digital divide, le donne hanno meno probabilità di possedere un cellulare e di utilizzare internet mobile; questo fa sì che ci siano oltre 200 milioni (234 secondo i dati da GSMA del 2021) di utenti donne in meno, rispetto agli uomini che generano dati (utilizzati dalla tecnologia) e questo va ad alterare i set iniziali, favorendo la creazione di pregiudizi di genere.

Questi ultimi nell’IA, possono portare a soluzioni che non garantiscono la parità di genere in campi fragili come il lavoro o la salute. Se si utilizza lo stato civile e il genere per determinare la crisi di una persona, quando i sistemi di IA imparano dai dati storici, i modelli da cui si attinge, considerano le donne con limiti di accreditamento più bassi degli uomini, confermando una tendenza storica.

Nel caso dell’occupazione, gli algoritmi di IA, con dati distorti, mantengono delle pratiche che sfavoriranno le donne, negando pari opportunità a causa di meccanismi che potrebbero scartare profili ritenuti non conformi rispetto al modello basato su dati obsoleti, specialmente in settori dominati da uomini.

Questi errori sono maggiormente rappresentati dai dati di base su cui viene compiuto il training dell’IA: lo si può riscontare dai riconoscitori vocali (più precisi nel caso di voci maschili), alle traduzioni che diventano espressione di stereotipi e di pregiudizi esistenti.