Il passaggio di consegne dal pediatra reumatologo allo specialista degli adulti può essere traumatico. Un interessante esperimento realizzato a Roma, suggerisce una via alternativa, al di là delle parole.
di Carla Massi*
Immaginiamo la scena. Siamo in un ambulatorio di Reumatologia pediatrica. Nella stanza, una ragazza o un ragazzo che convive con la malattia fin dall’infanzia. Anche prima infanzia. È arrivato il momento che i giovani pazienti vorrebbero non arrivasse mai: il passaggio al centro di cura per adulti.
Quando ci si avvicina ai diciotto anni, infatti, tocca fare i bagagli, salutare tutta l’équipe e spostarsi. Al pediatra questo incarico “ingrato” che i ragazzi accettano sempre con grande fatica. Di botto sono, in qualche modo, costretti a diventare grandi, a lasciare quei luoghi che conoscono bene e a imparare ad avere una relazione diretta con il medico. Senza più la mediazione di mamma e papà.
Gli stessi giovani lo definiscono un “trauma”, fanno resistenza nel tagliare quel cordone. Temono il “salto nel buio”.
Gli specialisti sanno bene che quel passaggio viene mal vissuto, che i pazienti hanno bisogno di essere rassicurati, che è necessario preparare al meglio quella che viene definita come “transizione”.
Proprio per invertire la rotta, due specialiste, le dottoresse Elisabetta Cortis, Direttore della UOC di Pediatria del Sant’Eugenio a Roma e Donatella Fiore, Direttore della UOSD di Reumatologia del Nuovo Regina Margherita a Roma, hanno steso un protocollo, un modello nuovo per agevolare il passaggio. “Ci siamo rese conto – spiegano – che se avessimo creato delle nostre linee guida interne, forse i pazienti sarebbero stati meno spaventati. Nel nostro modello, oltre gli aspetti meramente medici, viene contemplata anche la modalità e la tempistica della transizione. Che vuol dire anche dedicare tempo a spiegare, a parlare con la famiglia, a far capire che le due specialiste sono in collegamento continuo”. Un modello già ben collaudato, che potrebbe essere applicato anche in altre strutture. Per evitare, soprattutto, che una volta usciti dall’ambulatorio di Pediatria i ragazzi si perdano, non riescano a ritrovare la relazione che permette aderenza e fiducia.
Quest’anno è stato deciso di organizzare un incontro-spettacolo con il sostegno dell’Associazione Malattie Reumatiche Infantili, presieduta da Maria Allegretti. Per spiegare ai giovani, tra un talk, un brano di musica dal vivo, lettura di monologhi, un video e la danza, che cosa significa la transizione. Appuntamento al Teatro Golden di Roma. Sul palco, oltre agli interventi delle dottoresse responsabili degli ambulatori e altri specialisti, giovani attori dell’Accademia del teatro che, oltre a ballare, leggevano le storie (tra il dramma e l’ironia) dei pazienti, un duo di clarinetto e chitarra, il racconto in video di una giovane paziente che gira l’Europa con una compagnia da lei diretta di danza. Alla guida della performance, la giovane regista Caterina Cianfa.
L’evento si è trasformato in un autentico spettacolo, senza dimenticare le malattie, il disagio dei giovani che mal sopportano anche la sala di attesa con gli anziani, lo sforzo del passaggio da un ambiente super-protettivo a quello dei grandi, con connotati ben differenti.
“Un momento in cui i ragazzi si rendono conto che non sono più dei piccoli pazienti, anche se per un po’ permettiamo ancora che entrino i genitori – fanno sapere le dottoresse -. Una metafora della vita. Come l’esame di maturità, d’altronde. Prima o poi devono imparare a prendere in mano la propria malattia senza delegare”.
La tensione si è sciolta in sorrisi, le due dottoresse, insieme, sono riuscite, con altri colleghi (oculista, ecografista) a spiegare che cosa vuol dire per un giovane con malattia reumatica diventare grande. Che cosa significa occuparsi davvero del proprio corpo. Puntando lo sguardo ad un futuro prossimo: dal diventare madre, alla scelta del lavoro, secondo le proprie condizioni. Potremmo dire che il teatro ha fatto da sfondo a questo grande-piccolo gruppo in cui i giovani attori abbracciavano i pazienti che interpretavano, i familiari si scambiavano consigli, i ragazzi si confrontavano sul loro vivere la malattia. Un successo insperato.
Alla fine musica ad alto volume: un girotondo tutti insieme sulle note di “We are the champions” dei Queen. Brindisi. l
* Giornalista
Foto di gruppo con Carla Massi, Elisabetta Cortis, Donatella Fiore.