Malattia di Pompe

La malattia di Pompe è una condizione legata al deficit dell’enzima maltasi acida, molecola localizzata nei lisosomi necessaria allo smaltimento del glicogeno.

Il gene (GAA), che codifica per tale enzima, è localizzato sul cromosoma 17q23 e sono state riscontrate numerose mutazioni con grande variabilità genetica.

La malattia viene trasmessa con modalità autosomica recessiva e ha una prevalenza di 1-9/100.000 e un’incidenza stimata è circa 1/57.000, per la forma adulta, e 1/138.000, per la forma infantile.

La malattia di Pompe viene classificata tra le glicogenosi, malattie rare del metabolismo dei carboidrati, e ne rappresenta il tipo II. Il glicogeno è la molecola fondamentale per l’immagazzinamento degli zuccheri nel nostro organismo e nelle glicogenosi si accumula in modo patologico in diversi tessuti ed organi.

Solitamente gli organi più colpiti sono il fegato e i muscoli ma la malattia di Pompe rappresenta un’eccezione in tal senso, poichè il meccanismo di base è più quello delle malattie d’accumulo lisosomiale (es. Malattia di Gaucher) e l’organo più colpito è il cuore.

 

 

La malattia di Pompe si presenta come uno spettro clinico, caratterizzato da diverse forme con due estremi: una variante infantile grave a prognosi infausta e una forma ad esordio in età adulta con interessamento della sola muscolatura scheletrica. Questa varietà dipende dalla tipologia di mutazione e dalla conseguente diversa attività enzimatica residua nel paziente.

Nella forma infantile, le manifestazioni cliniche si riscontrano già dalle prime settimane di vita e talvolta i sintomi sono osservabili già alla nascita.

Il problema principale risiede nel cuore, che perde progressivamente funzionalità sino all’insufficienza. Dalla sofferenza cardiaca ne deriva il danno ad altri organi, come il polmone, il cervello ed il fegato. I muscoli scheletrici sono colpiti praticamente in tutti i casi di malattia infantile, riscontrandosi marcata ipotonia e debolezza. Un altro elemento tipico di questi soggetti è la macroglossia, l’incremento di dimensioni della lingua.

Un gruppo distinto è rappresentato da soggetti in cui la malattia esordisce in età adulta, tra la seconda e la terza decade di vita, esclusivamente con debolezza muscolare. Il quadro clinico in questi casi si caratterizza per una progressiva miopatia, in assenza di coinvolgimento cardiaco. In questi casi sintomi come la ptosi,  una condizione in cui una o entrambe le palpebre superiori sono abbassate rispetto alla norma, possono rappresentare la spia d’esordio.

 

 

La diagnosi può essere sospetta in base al quadro clinico ed agli esami di laboratorio, in particolare in questi soggetti si riscontra spesso un patologico rialzo di alcuni valori come quello degli enzimi muscolari (CPK) o delle transaminasi. A differenza di altre forme di glicogenosi, in questo caso non si osservano problemi legati all’ipoglicemia. Infine, l’analisi al microscopio di biopsie dei tessuti muscolari mostrerà l’accumulo patologico di glicogeno.

La conferma della diagnosi avviene evidenziando il deficit enzimatico sui linfociti nelle gocce di sangue essiccato o sui fibroblasti. La diagnosi prenatale è possibile attraverso la misurazione dell’attività enzimatica sui villi coriali freschi, o attraverso la ricerca delle mutazioni sulle cellule fetali.

E’ in programma l’inserimento della malattia di Pompe e di altre patologie da accumulo lisosomiale nel programma di screening neonatale in alcune Regioni italiane, come la Puglia.

 

La terapia fondamentale in questi pazienti consiste nell’infusione dell’enzima deficitario (Enzyme replacement therapy – ERT). Questo approccio è disponibile dal 2006 ed è utilizzato sia per la variante infantile che per quella ad esordio tardivo. Il farmaco, l’alglucosidasi alfa, viene somministrato per infusione endovenosa periodicamente ogni 2 settimane e deve essere effettuato per tutta la vita.

Il trattamento delle forme infantili ha permesso di evitare il decesso entro il primo anno di vita, garantendo inoltre un certo sviluppo della funzionalità muscolare; gli effetti nella forma tardiva sono verosimilmente minori e meno chiari.

Sono in fase di studio delle alternative come i farmaci ‘chaperoni’ e la terapia genica. Oltre alla terapia specifica della malattia esistono terapie di supporto in base al quadro clinico, in particolare questi pazienti devono spesso ricorrere al supporto ventilatorio per contrastare la debolezza dei muscoli respiratori.

 


Dott. Federico Diomeda

UOSD Reumatologia e Immunologia pediatrica – Ospedale ‘Vito Fazzi’, Lecce

HUB Regione Puglia per la Reumatologia Pediatrica