Malattia di Fabry

La malattia di Fabry è una condizione multisistemica geneticamente determinata classificata tra le malattie metaboliche da accumulo lisosomiale. Con una prevalenza alla nascita di 1/15:000 essa è la più comune patologia d’accumulo lisosomiale dopo la malattia di Gaucher.

Il difetto consiste nell’alterazione del metabolismo e dello smaltimento di alcune molecole chiamate glicosfingolipidi (Gb3 e lyso-Gb3), a causa della riduzione della funzione dell’enzima alfa-galattosidasi-A. La trasmissione del difetto genetico avviene con modalità X-linked (legata al sesso), con i maschi caratteristicamente affetti e le femmine con clinica variabile. Ad oggi sono state individuate più di 300 mutazioni nel gene GLA (Xq21.3-q22).

Lo spettro clinico della patologia è legato al danno d’organo secondario all’accumulo di glicosfingolipidi in diversi tessuti, in particolare nelle cellule endoteliali, componenti essenziali dei vasi sanguigni.

I sintomi esordiscono solitamente nella prima decade di vita, sottoforma di crisi dolorose delle estremità degli arti, spesso descritte come sensazione di bruciore, a carattere intermittente. Le crisi possono essere scatenate dagli sbalzi termici e/o da stress emotivo e hanno durata variabile e carattere autolimitante. In alcuni casi al dolore si può associare il rialzo della temperatura corporea. Questa sitnomatologia può coindurre alla diagnosi di malattia reumatica in questi pazienti, con conseguente ritardo nell’avvio di terapie specifiche.

Durante il decorso della malattia compaiono le lesioni cutanee (angiocheratomi) che possono suggerire la diagnosi. Queste appaiono tipicamente come macule rosso scuro che non scompaiono con la digitopressione, confondibili con le petecchie. Le lesioni non sono dolorose o pruriginose e tendono a localizzarsi più frequentemente nella regione dello scroto o agli arti inferiori. Un’altra manifestazione cutanea tipica è rappresentata dalla riduzione o assenza di sudorazione e conseguente tendenza, in alcuni pazienti, all’intolleranza all’esercizio fisico.

Il coinvolgimento gastrointestinale può essere prominente nel giovane paziente: si può presentare come dolore addominale ricorrente o diarrea.

Nei primi anni i pazienti possono sviluppare inoltre lesioni oculari: dilatazione dei vasi sanguigni congiuntivali, opacità corneali e cataratta.

Con il progredire della malattia, negli anni, compaiono i sintomi legati alla compromissione d’organo. Il danno endoteliale dei vasi sanguigni colpisce più spesso il rene e può manifestarsi come alterazione aspecifica degli esami di routine delle urine, fino all’insufficienza renale cronica intorno alla quinta decade; l’ipertensione arteriosa è frequente.

La malattia vascolare diffusa danneggia inoltre la circolazione cardiaca e quella cerebrale, con incremento della mortalità per infarto del miocardio e per stroke ischemico.

In considerazione della rarità della malattia e dell’ampio spettro di sintomi, nel 2001 è stato istituito il Registro Internazionale della Malattia di Fabry, al fine di meglio definire le caratteristiche di questa condizione e valutare l’efficacia delle terapie (www.fabryregistry.com).

La diagnosi di questa patologia non può avvenire se non sulla base di un alto indice di sospetto, data la varietà e la non specificità dei sintomi. Il paziente potrà trovarsi di fronte a diversi specialisti nelle varie epoche di vita: il pediatra, il nefrologo, il cardiologo. Queste figure potranno ipotizzare la diagnosi che dovrà comunque essere confermata da metodiche di laboratorio specifiche: la dimostrazione della riduzione dell’attività enzimatica e lo studio delle varianti genetiche del gene GLA.

La diagnostica differenziale nel bambino vede l’esclusione di condizioni più frequenti come i dolori benigni dell’infanzia e l’artrite idiopatica giovanile e, solitamente, richiede la valutazione presso centri di reumatologia pediatrica e/o di malattie metaboliche.

Per questa condizione esiste la possibilità della diagnosi prenatale che prevede la valutazione dell’attività enzimatica della alfa-galattosidasi sulle cellule ottenute da amniocentesi e/o villocentesi. E’ in programma l’inserimento della malattia di Fabry e di altre patologie da accumulo lisosomiale nel programma di screening neonatale in alcune Regioni italiane, come la Puglia.

La terapia fondamentale in questi pazienti consiste nell’infusione dell’enzima deficitario (Enzyme replacement therapy – ERT). Questo approccio permette di ridurre il livello di Gb-3 nei tessuti, con benefici sulla funzionalità renale, cardiaca e cerebrovascolare. Appare fondamentale avviare la terapia quanto più precocemente possibile perchè la prevenzione del danno d’organo è più efficace nelle fasi precoci di malattia. Il farmaco viene somministrato per infusione endovenosa periodicamente ogni 2 settimane e deve essere effettuato per tutta la vita.

Sono in fase di studio delle alternative come la terapia di riduzione del substrato (SRT) e la terapia genica.

Oltre alla terapia specifica della malattia esistono terapie di supporto in base al quadro clinico, dai farmaci per la gesione delle crisi dolorose a quelli per la gestione dell’insufficienza renale cronica. In considerazione del carattere multisistemico della sindrome, questi pazienti sono solitamente gestiti in team multidisciplinare.

 


Dott. Federico Diomeda

UOSD Reumatologia e Immunologia pediatrica – Ospedale ‘Vito Fazzi’, Lecce

HUB Regione Puglia per la Reumatologia Pediatrica