REUMAstories, la testimonianza di Ornella, affetta da artrite psoriasica

Ciao a tutti, 

Sono Ornella Mura, ho 36 anni e vivo ad Alghero, in provincia di Sassari.

Ho deciso di raccontare la mia storia, per tutti quelli come me, che alla mia età, e molto spesso anche più giovani, si ritrovano a combattere contro malattie reumatologiche invalidanti.

Io ho l’artrite psoriasica, diagnosticata a dicembre 2019, dopo tanti anni di sofferenza.

Ho iniziato ad avere i primi importanti dolori a 34 anni, tre mesi dopo la nascita della mia bambina. Era marzo 2018. Non riuscivo più a tenerla in braccio, ad allattarla, ad occuparmi di lei come io volevo. Potete immaginare, già solo questo, quanto mi poteva fare male. Però, decisa a risolvere il problema, ho effettuato i primi controlli e dopo una lastra e una visita ortopedica, il tutto si era risolto con un semplice affaticamento dato dal periodo stressante. Così, dopo la maternità, ho ripreso anche il mio lavoro, iniziato i preparativi per il mio matrimonio, prendendo 3 brufen al giorno e non poter mai pensare alla mia stanchezza infinita, debolezza muscolare, giustificata dal periodo un po’ movimentato.

Una settimana dopo il matrimonio, ottobre 2018, inizia il mio calvario vero e proprio. Rimango completamente paralizzata a letto, con dolori lancinanti alle gambe, ai glutei, alle spalle, ai fianchi e al petto. Il dolore si era impossessato di me, come se mi avesse imprigionata e per quanti sforzi potessi fare per controllarlo, lui era più forte. Sono iniziati gli svariati controlli, visite ortopediche, risonanze magnetiche, e alla fine mi è stato detto che il mio problema era di tipo reumatologico.

Dopo due lunghissimi anni, fatti di sofferenza e ansia di non sapere cosa potevo avere, di stanchezza infinita, tantissimi soldi spesi, perché poi bisogna anche combattere con la possibilità di potersi curare, sono arrivata alla diagnosi di artrite psoriasica. Ho iniziato un percorso di cura biotecnologica e la mia vita ha iniziato a ritrovare la normalità. Sarebbe positivo avere una diagnosi precoce e strutture adatte per le malattie reumatologiche, soprattutto a livello psicologico. Perché oltre al dolore, bisogna combattere con lo sconforto che si accumula sempre di più negli anni, perché non si riesce più a vivere.

Io non avevo idea di cosa poteva essere una malattia reumatologica, non avevo mai avuto a che fare con certe problematiche. Per me si è aperto un nuovo mondo, fatto di una realtà come se fosse un po’ accantonata da tutto e da tutti. Si parla spesso di tante malattie, nei giornali, in televisione, su internet, ma delle malattie reumatologiche è come se ci fosse una credenza che siano malattie meno importanti.  Ho iniziato a documentarmi e ho scoperto un mondo nuovo, fatto di persone come me, che dall’oggi al domani si sono ritrovate a combattere con il dolore. Molte volte mi chiedo: “che cos’è il dolore”? Può esistere qualcosa che è più doloroso della mia malattia? A questo quesito spero di non poter mai rispondere, però nel frattempo posso dire che quando ho il dolore penso solo a lui, a come evitarlo, cercando di utilizzare i movimenti migliori. Che quando fa tanto male, non vedo l’ora che arrivi il momento di assumere antidolorifici e mi rendo conto che quando arriva devo fermarmi, riposare, e concentrarmi solo su di lui per non farlo aumentare. Sarà la scusa per riposare? Mah, perché no. Con l’arrivo di questa malattia ho imparato tante cose: che la mia famiglia conta più di tutto, che devo lottare per mia figlia e mio marito che soffrono tanto quanto me, quando io sto male. Quando mi riprendo dedico tutto il mio tempo a loro. Che i familiari sono le persone che ti stanno davvero vicino, insieme a qualche amico speciale, che trova sempre una parola dolce di conforto.

Purtroppo io la chiamo malattia invisibile, perché non è conosciuta e molto spesso  si deve combattere con il pregiudizio della gente che ti vede e ti dice: “ma dai, stai bene, guarda che c’è di peggio”. Devi combattere anche con il lavoro, perché molto spesso la malattia non ti viene riconosciuta, quindi in base al tipo di lavoro si è costretti o a fare ricorsi investendo denaro, a licenziarsi oppure a continuare a fare lavori pesanti, perché il mutuo e le bollette se ne fregano che tu hai l’artrite. Io sono laureata e nel 2015, prima di ammalarmi, mi ero iscritta in un’altra facoltà per coltivare il mio sogno che è quello di lavorare con i bambini. Ora mi manca la tesi, non so se, a causa dei miei problemi, potrò coltivare ancora quel sogno però non mollo e sono sicura che troverò la mia strada compatibile con la mia artrite.

Ragazzi non mollate, anche se vi sembrerà tutto impossibile, provate ad imparare a vivere in base alla vostra malattia e a coltivare nuove passioni. Io ho avuti molti alti e bassi, ma ho capito che non bisogna mai fermarsi, anche quando fa male, anche quando il dolore ritorna senza preavviso. Da qualche mese ho avuto un’altra ricaduta, ora devo fare altri controlli, però fa parte del pacchetto. La vita è una e va goduta con quello che si ha. Mi piacerebbe diventare di nuovo mamma, e con una malattia autoimmune è possibile e ce la metterò tutta. Se non sara cosi, pazienza, però mai smettere di inseguire i propri  sogni. Lo dovete fare per i vostri figli, per la vostra famiglia , per i vostri amici, ma soprattutto per voi stessi.

Grazie per aver letto le mie parole. 

Ornella Mura 

REUMAstories_Ornella-Mura.pdf