Il 7 settembre si celebra la Giornata Mondiale della malattia di Still (dal nome del medico che per primo la descrisse), una malattia autoinfiammatoria cronica rara che presenta sintomi quali febbre alta, eruzioni cutanee, dolori articolari, muscolari e addominali, faringite, ingrossamento dei linfonodi, pleurite e pericardite, aumento di volume della milza e, talvolta, anche del fegato (elenco non esaustivo dei principali sintomi). Nei Paesi occidentali l’incidenza di questa malattia è di 1,5 nuovi casi all’anno per milione di abitanti. La diagnosi di questa malattia è molto difficile, e spesso avviene “per esclusione”, in quanto nessuno di questi sintomi è sufficiente a identificarla, e occorre quindi documentare anche l’assenza di altre condizioni che possano causare sintomi e alterazioni simili.
Per celebrare questa Giornata e sensibilizzare sulla patologia desideriamo riportare la testimonianza di Angela e Raffaele, due volontari APMARR che convivono con questa malattia:
La testimonianza di Angela Lorè
Mi presento sono Angela Lorè, nata il 19/05/1984, vivo ad Altamura (Bari) e dall’età di 6 anni convivo assieme alla mia “Compagna di vita” (l’ho sempre definita tale), ovvero la mia patologia che è la Malattia di Still. Da sempre conosciuta come una bimba curiosa e attivissima, nell’estate del 1990, esattamente ogni sera, incomincio a soffrire di dolore e tumefazione dapprima alla caviglia destra e poi successivamente il tutto si propaga al ginocchio sinistro e contemporaneamente ad essi si presenta qualche linea di febbre che il mattino seguente magicamente scompaiono. Con il passare dei giorni i dolori e la febbre continuano ad aumentare, con quest’ultima che arriva a sfiorare i 40 gradi ma i farmaci antipiretici a nulla servono, perché come un vulcano in eruzione la febbre deve fare la sua evoluzione anarchica per poi regredire autonomamente. I miei genitori mi portano dal medico di famiglia il quale non capisce da dove provengano tali problemi di salute e quindi da quale patologia sono affetta, dando anzi la colpa ad una banale faringite curata con antibiotici inutili. I miei vedendo tale andamento non costruttivo, mi portano da un anziano ed esperto pediatra di un paese vicino al nostro il quale individua subito la mia malattia ma per una diagnosi certa ed ufficiale e per ricevere le cure idonee mi fa ricoverare immediatamente in un reparto pediatrico. E da allora, dopo il ricovero, incominciano i viaggi della speranza presso altre strutture ospedaliere e studi privati per potermi fare star meglio, quindi un sacco di esami ematici, diagnostici, terapie, finché, grazie a una bambina residente nella mia stessa città ed affetta anche lei da una patologia reumatica, l’esperto pediatra ci indirizza alla struttura specialistica idonea: il Gaetano Pini di Milano. Arrivo lì ormai diciottenne, disabile ma con tanta positività, grinta e voglia di star meglio. I miei locomotori vitali sono sempre stati la speranza e la determinazione che mi hanno permesso di raggiungere il mio tanto desiderato obiettivo: mandare in remissione la patologia, ritornando a camminare autonomamente. Così dopo diverse degenze ospedaliere a Milano, terapie non andate a buon fine e grazie ai reumatologi che mi hanno tenuta in cura ottengo un farmaco biologico, per mezzo di un protocollo sperimentale/compassionevole, idoneo al mio caso patologico, il quale miracolosamente, sin dalla prima infusione, ha mandato in remissione farmacologica la mia malattia. Dopodiché affronto in 11 mesi ben 4 interventi ortopedici per l’impianto di protesi ad entrambe le anche e alle ginocchia e, come l’araba fenice, ritorno finalmente a vivere una vita migliore! Da diversi anni a livello reumatologico sono in cura presso il reparto di reumatologia del Policlinico di Bari. Mi trovo benissimo nella mia regione e da ormai 20 anni sono un’associata Apmarr (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) e come volontaria ricopro il ruolo di referente del gruppo giovani, recandomi spesso in giro per l’Italia e all’estero per congressi relativi all’ambito reumatologico per e grazie ad Apmarr. Nel 2013 scrivo e pubblico un libro autobiografico/scientifico “Il mio inno alla vita, la mia avventura con l’Artrite Reumatoide Giovanile”, edito da Edizioni Giuseppe Laterza in cui racconto la mia storia con la patologia. L’ho voluto scrivere per due motivi: il primo è stato quello di far conoscere la mia malattia rara ed il secondo è stato quello di apportare supporto informativo e morale a chi come me vive con tale Compagna di vita, e a chi ci aiuta standoci accanto durante il nostro percorso di vita (caregiver, genitori, famigliari, amici ecc…) Ciò che dico ogniqualvolta ne ho l’opportunità è che per le patologie reumatiche sono importanti: la diagnosi precoce; la terapia specifica e tempestiva capace di curare, mandare in remissione sul nascere la patologia e quindi di evitare poi la cronicizzazione di essa sfociando poi nella disabilità, come avveniva in passato; la fortuna dell’evoluzione della ricerca farmacologica, la quale permette di curarci con gli innovativi farmaci biotecnologici che permettono di vivere una vita migliore; l’importanza del lavoro di équipe specialistiche come i reumatologi insieme agli ortopedici ed altri specialisti; la comodità di potersi curare nella propria regione di residenza, evitando i lunghi viaggi della speranza fatti in passato. Oggi, grazie alla presenza di due ambulatori di reumatologia pediatrica presso le due strutture ospedaliere pediatriche presenti in Puglia, molti bambini affetti da malattie reumatiche si curano a due passi da casa, ma ciò vale anche per gli adulti presso le strutture di reumatologia presenti sul territorio nazionale. È stata una vittoria, ormai i protocolli terapeutici reumatologici sono identici in tutta Italia! Apmarr è riuscita assieme ai pediatri reumatologi ad aprire i due ambulatori specialistici pediatrici grazie a tutti coloro i quali hanno contribuito a tale grande risultato per il bene dei bambini affetti da tali patologie e dei loro genitori. Il mio motto è “Crederci sempre, arrendersi mai!” e noi Persone con Malattie Reumatologiche e Rare ne siamo la testimonianza
La testimonianza di Raffaele Convertino
Mi chiamo Raffaele Convertino, ho 45 anni e vivo a Fasano, in provincia di Brindisi. Era il 1978 quando ebbi i primi sintomi di quella che sarebbe stata la mia “Compagna di vita”. Un bel giorno, una brusca caduta mi fece rotolare per terra. Non era una caduta come tante, di quelle in cui si va a terra e poi ci si rialza più spensierati di prima, la mia infanzia stava per essere, infatti, violata dall’incontro diretto con la sofferenza. Iniziava così il mio viaggio nell’universo della malattia cronica. Ho vagato a vuoto quattro anni prima di giungere, nel 1982, all’Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano dove mi diagnosticarono la Malattia di Still. Non potevo immaginare le conseguenze di quella che risuonava come una sentenza, troppo piccolo e immaturo per comprendere il significato di malattia cronica. Ho assistito, rassegnato, alla trasformazione del mio corpo, giorno dopo giorno, e con esso anche all’immagine di salute che mi aveva accompagnato sino alla quinta elementare. Aver sperimentato la malattia in età infantile mi ha privato di quelle esperienze necessarie per lo sviluppo di una sana personalità. Tutta la mia infanzia e tutta la mia adolescenza le ho trascorse, infatti, negli ospedali. Ricoveri che duravano mesi, lontano dagli affetti, dai miei amici, dal mio paese. Ad un certo punto del mio viaggio nell’universo della patologia cronica sono entrato in una fase di negazione della stessa. Dopo il conseguimento della maturità commerciale ho attraversato, infatti, una fase di rifiuto della patologia e verso ogni forma di cura che è durato circa dieci anni. Mi rinchiusi in casa e mi inventai un’attività da poter svolgere senza dovermi spostare. Cominciai a scrivere al computer le tesi di laurea, mettendo su una specie di tipografia casalinga. Mi muovevo da una stanza all’altra col girello o usando la sedia da studio con le ruote. Solo alla sera ogni tanto uscivo e gli amici mi portavano in braccio. Ero pigro, non usavo quasi più i tutori per sostenere le gambe, rifiutavo l’idea della sedia a rotelle. Stavo diventando sempre meno autonomo al punto da non riuscire nemmeno a deambulare autonomamente. L’unica nota piacevole di quel “periodo di chiusura” erano i viaggi che mi concedevo durante l’estate come premio per il mio lavoro invernale ma sempre e comunque accompagnato da un membro della mia famiglia. Quella fase caratterizzata dalla negazione della mia condizione cronica mi ha lentamente spinto in un guscio protettivo. In queste condizioni, forgiare una propria personalità e sviluppare un proprio ruolo sociale, ha comportato un lavoro su me stesso che continua ancora oggi. A ventisei anni decisi di sposare un nuovo atteggiamento nei confronti della malattia e della vita. Sostenuto da questa nuova consapevolezza ho potuto affrontare nuove e avvincenti sfide. Nel 2002 mi sono sottoposto a quattro interventi di artroprotesi che mi hanno consentito di ritornare a camminare dopo quattordici anni di sedia a rotelle. Nel 2004 ho conseguito anche la patente di guida. Oggi posso affermare che convivo serenamente con la mia patologia. Non ho più paura di affrontarla. L’ho presa sottobraccio senza più abbandonarla, occupandomene con consapevolezza e responsabilità. Nel mio presente sto vivendo una fase di crescita professionale, dopo essermi imbattuto in alcune esperienze lavorative non gratificanti. Il disagio che ne è scaturito mi ha spinto a rimettermi in gioco e a tracciare una strada che mi vede coinvolto a lavorare con le persone e per il loro benessere. Ho conseguito un master triennale in counseling scrivendo una tesi dal titolo “Il counseling per le persone in condizione cronica. La mia storia tra malattia e disabilità come opportunità di cambiamento”. È con questo spirito che ho aderito ad APMARR, Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, proprio nel momento in cui ho sentito il bisogno di essere sostenuto e di condividere la mia esperienza con chi viveva le mie stesse problematiche, le mie stesse paure. Lo scambio di esperienze tra pazienti, i congressi scientifici e le giornate informative e formative che l’associazione promuove, favoriscono una maggiore presa di coscienza di malattie che sono, a tutti gli effetti, un problema sociale, seconda causa di invalidità a livello nazionale dopo le malattie cardiovascolari. Ma oggi viviamo una nuova stagione. 2 Negli ultimi tempi stiamo assistendo a una rivoluzione culturale che vede il paziente collocato al centro del processo terapeutico e lo stato della sua salute dipendere dall’efficacia dell’interazione con l’intero sistema della cura. Ma come associazione ci auspichiamo si arrivi all’idea di paziente CON, che sia co-costruttore di un modello di salute, insieme a tutti gli altri attori della cura. Le mie passioni? Viaggiare, leggere libri gialli, saggi di psicologia, antropologia e counseling. Nel nuoto ho trovato lo sport che più si adatta alla mia patologia e che mi fa sentire libero e leggero. L’altra mia passione è la musica. Suono l’armonica a bocca perseguendo uno stile tutto mio. Insieme ad un mio amico abbiamo fondato un duo armonica e tastiera, i Leo&Raff e abbiamo iniziato ad esibirci in concerti live. Le altre mie passioni sono la scrittura e la comunicazione. Il mio prossimo obiettivo? Pubblicare un libro. La malattia cronica, secondo il mio punto di vista, se da una parte ti priva della possibilità di fare alcune esperienze, dall’altra offre l’opportunità di viverne molte altre, diverse ed ugualmente intense. Il mio motto è che ogni Limite è Opportunità, al punto che ho creato una pagina che si chiama “I limiti come opportunità” in cui condivido contenuti di counseling e motivazionali. La Malattia è un’Opportunità, la Disabilità è un’Opportunità, la Sofferenza è un’Opportunità. Opportunità per Re-inventarsi, Ri-scoprirsi, Ri-adattarsi, Ri-generarsi. Sia chiaro, non siamo in presenza di una “magia” che coinvolge tutti indistintamente. Siamo tutti diversi ed ognuno di noi mette in atto strategie personali di sopravvivenza, le quali non sempre sono orientate al miglioramento di sé stessi, ma spesso sono finalizzate all’esatto contrario, cioè alla rassegnazione e all’autolesionismo. La Vita con una patologia cronica non è affatto facile, è un viaggio in cui si incontrano molti ostacoli. Considerare la patologia in termini di sfida quotidiana, aiuta ad essere creativi e ad affrontare le difficoltà con un atteggiamento orientato alla soluzione, piuttosto che fermarsi a rimuginare sul problema. È quasi naturale che ci sia una ricaduta positiva sulla propria patologia e sulla propria qualità di vita. Molto dipende, però, dalle risorse personali che si riescono ad attivare durante la propria esperienza di Vita. Secondo il mio punto di vista, la chiave di volta per vivere intensamente la propria Vita, nonostante la “scomoda inquilina”, è quella di avere il coraggio di chiedere aiuto quando da soli ci si sente sopraffatti e paralizzati dalla paura e poi, una volta diventati consapevoli della propria patologia, aprirsi al Mondo.”